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MACCHINA
UNA DIES DABIT EXITIO MULTOSQUE PER ANNOS SUSTENTATA RUET MOLES ET MACHINA
MUNDO
Lucrezio, De Rerum Natura, V- 96
"Con la progressiva divulgazione di conoscenze tecniche Ë accaduto che
per spiegare il funzionamento della macchina pian piano siano state chiamate
in causa tutte le forze naturali sfruttate dalla tecnologia, fermo restando
che tutte le nuove scoperte non bastano a spiegare le strane prestazioni
di tale macchina"
La macchina ha degli effetti:
- presenta delle immagini come in un film
- produce e sottrae pensieri
- provoca risposte motorie nel corpo, emozioni,
polluzioni
- provoca sensazioni estranee e sconosciute
- provoca altri effetti somatici come eruzioni
cutanee formicolii ed altro".
Questa Ë la macchina che ci descrive Victor Tausk, si tratta della "macchina
influenzante" un congegno, un mezzo composto di varie parti, assemblate
tra loro.
Questa macchina non Ë rappresentabile, Ë impossibile vederla con tutti
i suoi apparati, si puÚ solo descrivere utilizzando delle metafore che
derivano dalla tecne del tempo; cosÏ sarý una macchina cibernetica con
dei microchip installati nel cervello con la produzione di una realtý
virtuale nella nostra contemporaneitý.
Oppure consisterý in "casse, manovelle, leve, ruote, fili e batterie"
nell'epoca di Tausk.
Franz Kafka ce ne descrive il funzionamento:
"Capisce come funziona? L'erpice comincia a scrivere; appena ha finito
la prima stesura dello scritto sulla schiena dell'uomo, lo strato di bambagia
si mette in movimento e fa rotare lentamente il corpo per procurare nuovo
spazio all'erpice. Intanto i punti piagati della scrittura si posano sulla
bambagia che per sua particolare preparazione, arresta subito l'emorragia
e predispone il corpo ad una successiva incisione pi˜ profonda. (Nella
colonia penale)".
Sono macchine che scrivono sul corpo e lo trasformano in segno. Sembrano
proprio macchine semiotiche che hanno una materialitý, una concretezza;
la materia di cui il segno Ë fatto ed una astrattezza: l'interpretante
del segno come direbbe Peirce.
Le macchine di cui sto parlando sono concatenazioni (agencements) di parti
che producono effetti a diversi livelli. Ad esempio la concatenazione
di una macchina Fiat non produce gli stessi effetti di una concatenazione
di una macchina Mutoid. Le parti possono anche essere le stesse ma la
concatenazione, il montaggio Ë diverso ed Ë diverso l'effetto almeno sul
piano estetico.
Qual Ë il senso della macchina Mutoid? Quale la semiotica?
Certamente la macchina semiotica Fiat ha un senso ben definito: concatena
autostrade, spostamenti, denaro, abbigliamento, stile di vita.
La macchina Fiat non Ë costituita solo dalle parti materiali ma anche
da una macchina astratta. Questo Ë la pubblicitý. Anche K. Marx aveva
capito che: "La produzione produce perciÚ non soltanto un oggetto per
il soggetto, ma anche un soggetto per l'oggetto " (Grundrisse pag.
16)
Dunque la macchina Deleuze e GuattarÏ si puÚ concatenare con la Scuola
di prevenzione J. Bleger?
"CosÏ poichÈ il libro Ë esso stesso una piccola macchina in quale rapporto
a sua volta misurabile questa macchina letteraria si porrý con una macchina
da guerra, una macchina d'amore, una macchina rivoluzionaria ecc. e con
una macchina astratta che la contiene?" (Deleuze e GuattarÏ, Millepiani).
Seguendo il filo di questo interrogativo ci addentriamo nel lavoro di
un gruppo di ricerca sulla causalitý.
Esistono delle cause per gli effetti che vediamo?
PerchÈ certamente lo scopo di una Scuola di Prevenzione Ë la formazione
di un saper fare, di una prassi che trasformi la realtý; per noi non si
tratta di "interpretare il mondo ma di cambiarlo". Ma per cambiarlo dobbiamo
averne un'interpretazione, se vogliamo prevenire certi effetti dobbiamo
conoscerne le cause, per questo ipotizziamo una relazione che concatena
due serie eterogenee per esempio le serie complementari di cui parla Freud.
Complica la causalitý lineare tipica della etiologia delle malattie infettive
con una policasualitý in cui gli effetti, i sintomi sono relazionati a
fattori genetici; fattori derivanti dalla storia infantile che producono
un fattore disposizionale il quale, a sua volta, necessita di un fattore
traumatico per produrre degli effetti.
J. Bleger nel suo testo "Psicologia de la conducta" riprende il testo
freudiano dell'Introduzione alla psicoanalisi e lo cala nella dimensione
problematica dell'Igiene mentale intendendo in questo modo concentrare
l'attenzione: non pi˜ sulla malattia ma sulla salute e, in tal modo, sulla
vita quotidiana degli esseri umani" (Psicoigiene e Psicologia Istituzionale).
Per questo la ricerca delle cause e della causalitý assume un aspetto
centrale e vede l'utilizzo di un concetto come quello di causalitý
strutturale che viene ripreso da Althusser. Althusser, lavorando su
un concetto usato da J.A. Miller, "causalitý metonimica", identifica una
causalitý in cui gli effetti non sono estranei alla struttura ma ad essa
immanenti e ci dice che "la struttura, che Ë solamente una combinazione
specifica dei suoi elementi, non Ë (sia) nulla al di fuori dei suoi effetti".
(L. Althusser, Lire le capital, pag. 198)
La causalitý strutturale Ë di importanza decisiva per la prevenzione intesa
come lavoro sul campo, perchÈ si tratterebbe di ipotizzare una struttura
partendo dai suoi effetti e di organizzare una strategia di intervento
su vari piani o ambiti: l'individuale, il gruppale, l'istituzionale, il
comunitario.
Ma, e qui torniamo alla macchina Deleuze e Guattari, dobbiamo chiederci
ad esempio come possiamo intervenire sulla dipendenza patologica intesa
come struttura?
Di pi˜, se utilizziamo questo "strutturalismo" dovremmo chiederci: qual
Ë la struttura che produce la struttura dipendenza patologica? E se concludessimo
che questa struttura non Ë strutturata dovremmo ammettere che non c'Ë,
se invece c'Ë allora:
"Ë segno che al di sotto di essa sta ancora una struttura pi˜ definitiva,
pi˜ assente, se mai fosse permesso di esprimerci in tal modo (e lo Ë).
In tal caso il fine naturale di ogni intrapresa strutturale ontologicamente
conseguente, sarebbe la morte dell'idea di struttura" (U. Eco, La struttura
assente, pag. 324).
Sembrerebbe un capolinea per il metodo strutturalista, inoltre una strategia
di prevenzione intesa come "sviluppo pieno degli individui e della intera
comunitý" (Bleger) Ë direttamente una produzione di soggettivitý
e "il fattore soggettivo, la cui definizione qui non supera questo principio
di determinazione reciproca Ë incluso nella struttura. Il processo strutturale
di totalizzazione detotalizzata chiude il soggetto, e non tollera di perderlo,
se non in quanto Ë capace di recuperarlo all'interno di un'altra determinazione
strutturale. Invece la macchina resta eccentrica, per essenza, al fatto
soggettivo. Il soggetto Ë sempre altrove rispetto ad essa" (Guattari,
Macchina e struttura, 1969).
Un altro punto decisivo differenzia la struttura dalla macchina, si tratta
della temporalitý. La struttura Ë atemporale, senza storia, la macchina
ha una storia, ha una data di inizio.
Ma ritorniamo alla soggettivitý, al soggetto che Ë "al lato della macchina.
Punto di rottura della macchina" (GuattarÏ)
Questa produzione di soggettivitý rimanda direttamente alla pratica che
come scuola di prevenzione cerchiamo di continuare. Si tratta della soggettivitý
che si Ë prodotta "al lato" e contro l'organizzazione capitalistica del
lavoro e il punto di rottura Ë collocato nel rifiuto di essere pagati
di pi˜ per lavori nocivi, una soggettivitý che Ë sempre altrove. Di pi˜,
la struttura ci rimanda all'idea di totalitý invece la macchina funziona:
"negli iati e rotture, nei guasti e colpi a vuoto, nelle intermittenze
e corti circuiti, nelle distanze e frammentazioni, in una somma che non
riunisce mai le sue parti in un tutto" (Anti Edipo, pag. 44), per
questo evoca la molteplicitý aprendo piani multidimensionali.
Dunque per tornare al nostro interrogativo possiamo trasformarlo in: come
possiamo intervenire sulla macchina che produce la dipendenza patologica?
Sappiamo giý che il soggetto non Ë imprigionato e che puÚ emergere se
si creano vie di fuga o punti di rottura concatenando una macchina terapeutica,
cosÏ la produzione di soggettivitý emergerý come risultato di un'antiproduzione
di dipendenza patologica.
Concatenare una macchina terapeutica significa produrre un collettivo
autonomo, un gruppo capace di elaborare uno schema di riferimento concettuale
e operativo (un ECRO direbbe Pichon Riviere).
La concatenazione di schemi non Ë sufficiente se non c'Ë l'elaborazione
e la produzione del gruppo operativo. CosÏ penso che una macchina preventiva
sia un piano della macchina terapeutica, il suo orizzonte o il suo futuro
e sono convinto che una macchina terapeutica contenga necessariamente
una macchina preventiva implicita, per questo la concatenazione di questa
macchina ne prevede la sua esplicitazione attraverso un processo di formazione
di gruppi operativi che elaborando aspetti cognitivi ed emotivi producono
il proprio schema di riferimento operativo.
Si potrebbe parlare di mente della macchina terapeutica, ma non siamo
abituati a pensare alla mente della macchina mentre da tempo pensiamo
al corpo come ad una macchina, per lo meno da Cartesio in poi ma:
"Il corpo Ë l'ancora della mente e della vita. I corpi sono macchine che
impediscono alla mente di essere spazzata via da un vento da lei stessa
creato (Ö) Non Ë possibile per una mente considerare qualcosa che Ë al
di lý di ciÚ che essa puÚ misurare e calcolare: senza un corpo, essa puÚ
considerare soltanto se stessa" (K. Kelly, Out of Control, pag. 55).
Dunque la mente della macchina terapeutica Ë in un corpo, un corpo di
gruppo che permette un tempo di elaborazione delle informazioni. Solo
un gruppo puÚ distribuire la conoscenza senza centralizzarla, purchÈ si
appropri del tempo di digestione delle informazioni che lo alimentano
cosÏ possono concatenarsi soggetti collettivi di enunciazione che
si pongano come macchine da guerra contro la passivitý, l'alienazione
e l'autoreferenza delle macchine da dipendenza.
Ma, torniamo indietro nel tempo e nello spazio fino al 15 Luglio 1927
a Vienna: W. Reich interrompe la seduta analitica perchÈ il "medico che
era venuto per la consueta ora di analisi" gli aveva detto che c'era uno
sciopero di lavoratori viennesi ed erano cominciati gli scontri con la
polizia.
Reich descrive quella giornata in un articolo intitolato "Corso pratico
di sociologia marxista, Vienna 15 e 16 Luglio 1927" diamogli la parola:
"Ebbi la sensazione che si trattasse soltanto di un meccanismo insensato
(Ö) Uomini-macchina! (Ö) Anche io avevo fatto parte degli ingranaggi della
macchina durante la guerra (Ö) Ad alcuni di questi uomini-macchina era
rimasta abbastanza vita da potersi vergognare. Essi guardavano altrove
o sparavano in aria (Ö). Ma come funzionavano queste macchine? Chi le
controllava? Da cosa erano state create e perchÈ?".
Da quella giornata e da quelle domande nasce in Reich l'esigenza di dedicarsi
all'igiene mentale ed alla prevenzione:
"Se io mi sono dedicato al movimento di igiene mentale, non fu precisamente
per curare le persone o migliorare la loro salute: cominciai dopo il 16
luglio 1927 quando furono uccise per strada cento persone e pi˜ di mille
furono ferite".
E questo interrogarsi sulle macchine e sulla soggettivitý di chi "guarda
altrove" e lo stesso sguardo e la stessa interrogazione che ci porta nell'anno
1969 in Argentina a Rosario, Cordoba e Buenos Aires; in quella data l'istituto
di Psicoanalisi aderÏ allo sciopero generale contro la repressione violenta
di operai e studenti.
Noi "abbiamo perso la fobia verso il mondo al di fuori della nostra istituzione"
dice M. Langer parlando di quel periodo in un articolo intitolato "Psicoanalisis
y/o revolucion social" presentato nel Congresso della Associazione Internazionale
di Psicoanalisi a Vienna nel 1971. Quell'articolo fu pubblicato nel testo
collettivo Questionamos, altra macchina da guerra o da guerriglia, e veniva
dopo la scissione della Associazione avvenuta a Roma nel 1969 ad opera
del gruppo "Piattaforma Internazionale" di cui faceva parte A. Bauleo.
La nostra scuola vuole continuare questo pensiero che produce azione,
noi lavoriamo attorno ad un concetto di prevenzione che concatena la macchina
di liberazione del desiderio
Rimini 15/10/98
Leonardo Montecchi
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