Cercando l'opera d'arte totale
di Filiberto Menna

Dedicando una mia nota a un evento teatrale non intenso invadere il campo degli amici che scrivono di teatro in questo giornale: lo spettacolo Corrispondenze Naturali del gruppo Giardini Pensili, formato da Isabella Bordoni e Roberto Paci Dalò (in questi giorni alla Piramide) si presta, infatti, a una lettura che interessa da vicino il settore delle arti visive e non soltanto perché Dalò è anche un artista che lavora nel campo delle esperienze scritturali. Il fatto è che si tratta di un evento teatrale in cui musica, scrittura, immagine, parola si incontrano e si integrano in un sorta di opera d'arte totale. E questa, si sa, è stata una delle mete più importanti (se non addirittura la meta fondamentale) delle avanguardie artistiche primonovecentesche, le quali miravano a un sintesi dei diversi linguaggi artistici in una opera in grado di armonizzarli in un tutto unico. Un compito, questo, che è stato per lo pi` affidato o all'architettura o al teatro. In queste "corrispondenze naturali" è appunto il teatro che prende su di sè l'ufficio di chiudere in una sintesi i diversi mezzi espressivi, ma si tratta di un microteatro, di una messa in scena in cui lo spazio è ricondotto alla misura di una scatola prospettica.
Qui, in questo spazio ridotto, agiscono i protagonisti dell'evento scenico: fasci di luce che attravrsano l'ambiente come segni taglienti, frammenti di oggetti, stesure materiche e poi alberi, bandiere, un pendolo rosso, tutto accuratamente miniaturizzato e nello stesso tempìo enfatizzato dall'accompagnamento musicale di un clarinetto, di un'ocarina, di un flauto. Lo spettacolo si articola in dodici scene o quadri, ciascuno dotato di una propria autonomia ma legato, nello stesso tempo, agli altri in sequenze dove il rigore della sintassi sprofonda di continuo in rimandi e aperture metaforiche. Lo spettatore viene coinvolto nell'evento visivo-sono, smarrisce il senso delle dimensioni reali entrando empateticamente nella fiction scenica. Solo alla fine, quando nello spazio teatrale in miniatura entra il braccio del conduttore per accendere un fuoco in mezzo alla scena, mentre una voce fuori campo accenna a una storia anch'essa minimale, lo sguardo dello spettatore viene restituito a una dimensione percettiva reale con una sensazione inquietante di spiazzamento.
La regia gioca, con sofisticata scaltrezza, sull'alternanza tra realtà e finzione servendosi della cornice, o meglio, di una cornica intermittente, che ora chiude la rappresentazione ora l'apre allo spazio circostante. Con questi mezzi ridotti al minimo Bordoni e Dalò hanno realizzato uno spettacolo di grandissima qualità, riproponendo il mito moderno dell'opera d'arte totale: il teatro diventa nuovamente metafora del mondo, ma ora il tutto avviene nelle dimensioni di un microteatro e di un piccolo mondo, di una Kleine Welt, appunto, che trova la propria perfezione nel momento in cui accetta i propri confini.

Paese Sera, 1988