Giardini Pensili

Stelle della sera
di Gabriele Frasca e Roberto Paci Dalò

regìa, musica, scene, luci Roberto Paci Dalò
testo Gabriele Frasca
con Michele Chiaruzzi, Barbara Martinini
voci fuori campo Nicoletta Fabbri, Pierpaolo Paolizzi
live video mixing Filippo Giunchedi
cura, mixer luci, assistente alla regìa Lora Casadei
regìa del suono Francesca Mizzoni, Roberto Paci Dalò
direzione tecnica Pierpaolo Paolizzi
collaborazione alle luci Nevio Cavina
collaborazione alle scene Edoardo Sanchi
software live video Tom Demeyer / STEIM Amsterdam
software spazializzazione acustica Laurent Pottier / GMEM Marsiglia
produzione Giardini Pensili
in collaborazione con Provincia di Rimini – Progetto Teatro Argo Navis, Comune di Rimini – Assessorato alla cultura, Regione Emilia Romagna, Serra Teatro, Teatro Petrella Longiano, Movimento Centrale.
Anno 2005
prima assoluta

ringraziamenti Silvia Annese, Stefano Bellavista, Stefano Bisulli, Alice Casadei, Natalie Cristiani, Vittorio D’Augusta, Stefano Ferroni, Michela Monte, Sandro Pascucci, Lidia Prossimo, Angelo Rossi, Elena Sparaventi, Giovanni Taormina, Loredana Mendicino, Andrea Zucchini.


I due testi di Stelle della sera fanno parte di un’unica raccolta intitolata Tele: cinque “tragediole” che rappresentano altrettanti quadri di un’unica messa in scena. Si tratta, in realtà, di cinque stazioni nel percorso che procede verso la dissoluzione del personaggio e la progressiva “messa in scena” dello stesso spettatore affidando all'impiego delle tecnologie teatrali (diffusori sonori variamente posizionati, luci in funzione di personaggi, musica come elemento compositivo ecc.) il cómpito di creare un’atmosfera tesa e fortemente orientata sulle reazioni dello spettatore. Queste tragediole si offrono non solo come una piccola, replicabile “mostra delle atrocità” ma anche e soprattutto come un tentativo di teatro “musicale”, e dunque, infine, come uno studio sul concetto stesso di catarsi. Se da un lato, dunque, è facile reperire in questi testi la prosecuzione dello stesso parossismo tecnologico che isola le larve teatrali dell'ultima produzione beckettiana (e giusto a partire da quella “televisiva”), dall’altro la riduzione progressiva dello spazio scenico a “macchia” (o addirittura a materia residuale da far colare addosso a ogni singolo spettatore) trasforma l'intero ambiente teatrale (non già il solo palco) in un mondo parallelo latamente psicotico (come se insomma si finisse, dalla tranquillità della propria poltrona, con l'essere risucchiati e “messi a fuoco” in uno schermo). Si tratta dunque di un teatro dei sensi (o delle iperstimolazioni sensoriali) e della loro camera d’eco: un teatro insomma che tenta un coinvolgimento “fisico” e percettivo dello spettatore nell’azione, in virtù di quel “proprio” del teatro (luci, suoni, immagini, palco, platea) assolutamente irriproducibile anche nella più emotivamente coinvolgente rappresentazione massmediale.