Adriatico
Predrag Matvejevic'
In questo
momento l’Adriatico è pieno di navi di ogni tipo.
Dai più piccoli "gommoni", che continuano ad
andare da una costa all’altra trasportando della povera
gente che, nella maggior parte dei casi, non ha mai visto il mare
prima d’ora, fino alle più grandi portaerei appartenenti
a nazioni diverse. Gli incrociatori russi hanno appena superato
lo Stretto del Bosforo dirigendosi anch’essi verso le nostre
rive. Nella sua monumentale opera dedicata al Mediterraneo, Fernand
Braudel osservava: “L’Adriatico è forse la
regione marittima più coerente; da solo e per analogia
pone tutti i problemi del Mediterraneo. Più lungo che largo,
si presenta come una lunga strada Nord-Sud”. Tutto il Mediterraneo
risente, in maniera diversa, della guerra nella ex-Jugoslavia
e dell’esodo dei Kosovari verso l’Albania e la costa
adriatica. Abbiamo avuto più di un’occasione per
renderci conto, da parecchio tempo, che le coste del "mare
interno" avevano molta più importanza sulle carte
che usano gli strateghi militari che su quelle che dispiegano
gli economisti. I fatti di oggi ne sono un’ulteriore conferma,
in maniera assolutamente convincente. Non dimentichiamo che il
Mediterraneo non è soltanto una stretta striscia di costa.
Una parte consistente dell’entroterra rientra in questo
cerchio e appartiene a questo "bacino" per la sua storia
e per la sua presenza, per le sue caratteristiche e per le sue
contraddizioni. Si può del resto considerare questo bacino
come un insieme "coerente" senza tener conto giustamente
delle fratture che lo dividono, dei conflitti che lo lacerano:
Palestina, Libano, Cipro, il Maghreb con i suoi massacri in Algeria,
all’interno della stessa nazione e della stessa fede, e
infine i Balcani di ieri nel cuore della Bosnia o a Dubrovnik,
oggi nel Kosovo e in Albania, con tanto di ripercussioni in Macedonia,
nel Montenegro e altrove? L’immagine che offre il Mediterraneo
è lungi dall’essere rassicurante. E le navi che lo
attraversano in questo momento potranno dargli solo temporaneamente
e superficialmente la sicurezza di cui ha tanto bisogno. Per quanto
riguarda l’ex-Jugoslavia e, nel caso specifico, il Kosovo
che ne faceva parte, le contraddizioni che ha conosciuto l’entroterra
sono da troppo tempo di una natura tale da far vacillare gli equilibri
e da ripercuotersi sull’intera costa. Sono così numerose
che ogni volta che tento di elencarle o di stabilirne una gerarchia,
ne scopro di nuove, talvolta più importanti di quelle che
in precedenza mi erano sembrate fondamentali. Questo territorio
(mi riferisco, allo stesso tempo, líentroterra e alla costa)
è stato per secoli un crocevia tra Oriente e Occidente,
linea di demarcazione tra l’Impero d’Oriente e l’Impero
d’Occidente, punto di confluenza del mondo bizantino e del
mondo latino, area dello scisma cristiano, frontiera tra cattolicesimo
e ortodossia, tra cristianesimo e islam ... In questa parte dell’Europa
ci sono i resti di imperi sovranazionali, quello absburgico e
quello turco, e le vestigia di nuovi Stati ritagliati secondo
accordi internazionali e programmi nazionali, le eredità
delle due Guerre mondiali e della guerra fredda, retaggio delle
idee nazional-statali del XIX secolo e delle ideologie del "socialismo
reale" del XX secolo, le tangenziali e trasversali contemporanee
Est-Ovest e soprattutto Nord-Sud (queste ultime tanto sentite
in tutte le sponde mediterranee), rapporti vecchi e nuovi tra
Europa orientale ed Europa occidentale, tra i Paesi sviluppati
e i "Paesi in via di sviluppo", tra un capitalismo che
ha superato brutalmente se stesso e una specie inferiore di comunismo
che è sprofondato nei propri abissi. E, per quanto riguarda
più specificamente l’ex-Jugoslavia, non era facile
dire se fosse il primo Paese del Terzo Mondo in Europa oppure
il primo Paese europeo nel Terzo Mondo o fu forse l’uno
e l’altro a un tempo. Un giorno, Ivo Andricí, prima
di ricevere il Premio Nobel per la Letteratura, scrisse, in un
suo libro tradotto in italiano che gli portai, la dedica che esprime
uno sconvolgente pensiero di Leonardo da Vinci: “Da Oriente
a Occidente in ogni punto è divisione”. Ho pensato
spesso a questa breve frase parlando delle contraddizioni mediterranee.
Soprattutto da quando ai criteri bipolari, manichei per loro natura,
è andato sostituendosi un monismo che si impone sotto forma
di "nuovo ordine mondiale". Le navi militari entrano
in un mare la cui sponda, e il cui entroterra, subiscono tutto
questo. Oggi stiamo vivendo una tappa particolare nellíevoluzione
del Mediterraneo. » il momento in cui si fa uníEuropa
che dimentica spesso la culla dell’Europa: voglio dire il
momento in cui si crea l’Unione europea che emargina il
Mediterraneo da cui la stessa Europa trae origine. I nostri ammonimenti
si sono rivelati vani e inefficaci: non si possono leggere facilmente
i problemi del Sud attraverso le chiavi di lettura continentali
applicate, nella maggior parte dei casi, delle nuove istituzioni
europee, ivi comprese anche quelle italiane. So bene che le nostre
grida, lanciate sullíintera area del Mediterraneo, hanno
talvolta un sapore donchisciottesco. Che cos’altro possiamo
fare? Abbiamo subito già così tanti danni irreparabili
nei nostri golfi e nei nostri porti. Non escludo, del resto, che
anche noi ne siamo responsabili. Il Sud non riuscirà mai
a riacquistare le proprie forze e a organizzarsi come deve soltanto
con i propri mezzi. Ci tiene troppo alla propria dignità
per accontentarsi di un assistenzialismo talvolta umiliante. Temo
che saremo costretti a vedere ancora per molto tempo navi straniere
gettare líancora presso le nostre coste per difenderci
dalle nostre stesse contraddizioni. E non so nemmeno cosíaltro
potremmo fare perché le cose vadano in maniera diversa.
Ci può bastare amare con passioni così diverse o
spesso contraddittorie questo mare, che è il primo e, per
alcuni di noi, l’unico?
(Traduzione
di Elisabetta Dente)
Data: 28/03/99
Testata: IL SOLE 24 ORE Giorno: Domenica
Inserto: DOMENICA
CULTURA E SOCIETA'
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