Questo allestimento risponde all'esigenza di riordinare concetti e pratiche di una serie di allestimenti precedenti che mettevano a fuoco parzialmente alcune delle idee guida del lavoro che qui sono dispiegate in un ulteriore approfondimento più complesso sia da un punto di vista teorico, sia da un punto di vista estetico e scenico.
Si tratta di un progetto legato alla necessità reale (storica, artistica, sociale) di riaffermare concetti antichissimi in questi giorni riproposti e usati come parole d'ordine spacciandoli per modernità. È nel teatro - e nel pensiero attorno al teatro - che buffamente si assiste in questo momento a una strana enfasi propagandistica data a pratiche come l'utilizzo degli elementi vari che non possono non comporre un qualsiasi lavoro/opera teatrale. Allora ricorrono continuamente inviti ad usare la musica, l'immagine, la tecnologia, il testo insieme per costruire il teatro d'oggi. E con questo altre parole ricorrono: multimediale, contaminazione, multiculurale etc.
E perché il teatro non è questo? E se non è questo cosa dunque sarebbe?
Non oso nemmeno pensare che qualcuno abbia immaginato di fare il teatro senza il concorrere di tutti questi elementi uniti - nella differenza - per creare un qualcosa che esiste solamente nel momento della partecipata testimonianza del pubblico.
Mi pare proprio strano pensare ad un teatro in maniera così parziale da concentrarlo esclusivamente sul testo dispiegato sulla scena senza nessuna attenzione per tutto il resto (se mai è possibile chiamarlo "resto"). Insomma, nessun dubbio, un teatro mozzato, parziale, non musicale in questo senso profondo della relazione
indispensabile tra Apollo e Dioniso non ha interesse e contraddice l'essenza stessa del teatro e della sua storia.
Questa aura di "modernità" appiccicaticcia (spesso legata a qualche più ostentata tecnologia) contribuisce all'omicidio continuo del teatro e di uno dei suoi scopi primari: la costruzione di una comunità temporanea fatta di individui che insieme osservano, compartecipano, gioiscono, piangono di fronte alla messa a nudo di un pensiero dionisiaco dato nella sua voluta non completezza e perfetto nella sua perfezione.