Identità e migrazione:
di Leonardo Montecchi
Il " caso "Rimini
Affronterò questo tema
partendo dalla realtà della provincia di Rimini.Si tratta di un
osservatorio interessante da un duplice punto di vista.Il primo, il più
evidente, è costituito dalla migrazione turistica. Infatti Rimini
città ha 130.000 abitanti nella stagione invernale e circa 1.000.000
in quella estiva. Naturalmente durante l'estate, gli ospiti che transitano
sono molto di più di un milione perchè vi è un continuo
ricambio di presenze. Questa vocazione turistica della città ha
avuto un impulso molto forte negli anni sessanta con la teoria del "Turismo
di massa". Con questa idea l'amministrazione di sinistra della città
intendeva offrire la possibilità di una vacanza al mare anche a
classi sociali che non avevano avuto,sino a quel momento, un margine economico
per potersi permettere la "vacanza". Così,allora, arrivarono
in riviera le famiglie operaie di Dormund o di Milano e gli impiegati di
Vigevano o di Goteborg. Parallelamente, il governo della sinistra, impedì
l'ingresso delle grosse concentrazioni di capitale finanziario e permise
la crescita di un turismo basato sulle piccole pensioni a conduzione famigliare.
Molte di queste pensioni sono nate dalle case che accoglievano i bagnanti, questi
tornavano, perchè si erano trovati bene e portavano altri clienti. I
proprietari, spesso muratori, costruivano un altra camera, poi un altra ancora, spesso
in spregio alle norme urbanistiche ed alla fine si ritrovavano con un piccolo
albergo o una pensione famigliare. Durante questa crescita di tipo "americano"
era facile accumulare danaro con qualsiasi tipo di attività che
attirassa l'interesse turistico. Naturalmente questa fama di ricchezza attirò
a Rimini numerose persone in cerca di lavoro e nuove opportunità
di vita. Così la città passò in poco tempo - più
o meno 10 anni anni da 80.000 abitanti a 130.000 con un aumento di circa
50.000 abitanti. Cambia il volto della città, ma non solo quello. Cambia
la composizione della popolazione. Cambia la struttura del nucleo famigliare.
Si produce un interessante fenomeno: si creano due città,una estiva
, trasgressiva, sudaticcia, proletaria e carica di sessualità, una
invernale, piccolo borghese, tradizionalista e provinciale un pò ipocrita.
La linea di frattura fra le due città è la linea della ferrovia
che taglia il corpo urbano: a monte "Ariminum",città antica
di tradizioni umbre e galle romane, bizantine, sede dei Malatesta e capitale
della Signoria di quel personaggio nicciano che fu Sigismondo Malatesta.
A valle Rimini, la marina, il Grand Hotel, il lungomare, gli ombrelloni, i
turisti, le turiste, le svedesi, le francesi, il sesso i cargadour, i birri, i
bagnini, la birra, le patatine, il ketchup. Le due città si odiano, non
si rispettano non si integrano. La prima città, provinciale, si vergogna
un pò della seconda ma la sfrutta e l'ammira. Ammira e forse invidia
una certa dose di libertà dei costumi, una sfrenatezza popolaresca
contadino/marinara, una circolazione libidica assolutamente vietata dalla
coscienza piccolo borghese. Ma questa città "estiva" non
rimane confinata solo nella marina ma si estende con l'immaginazione anche
a ridosso della città vecchia e comincia a circondare il borgo ristretto
ancora nelle mura malatestiane. Nascono nuovi quartieri cresce un'altra
città anche a monte, una città che non condivide la mentalità
di Ariminum, per esempio non ne condivide il dialetto romagnolo, vi sono
altri linguaggi e il dialetto rimane confinato ai "veri riminesi":
Di nuovo problemi con l'identità. Qual'è dunque l'identità
di questa città che muta i suoi cittadini e che accoglie per periodi
di tempo ristretti migrazioni di cittadini di altre città e di altre
nazioni? Se consideriamo, anche in questo campo la psicologia degli ambiti
di J. Bleger, potremmo partire da un'analisi dell'ambito comunitario. Possiamo
subito pensare a quale forma di comunicazione si instaura nella città
turistica: una forma elementare, si tratta di una comunicazione economica, dove
per economia si intende l'economia libidica: attrazione e repulsione, incorporazione, espulsione.
Tutto si basa sul corpo: il corpo da esibire in spiaggia o da addestrare
e curare un corpo da nutrire, un corpo da cercare. Flussi libidici organizzati
in corpi, macchine desideranti che si connettono con altre macchine, sguardi
improvvisi e diminuzione del controllo sui propri atti come se in quello
spazio si potesse realizzare il desiderio. Come un "indigeno" il
turista "perde per periodi più o meno lunghi, e in grado variabile, l'unità
della propria presenza e l'autonomia dell'io.".
La comunità turistica prevede altri corpi o macchine, una altra economia monetaria quella di chi suda, serve,sorride pensando ad altro, organizza balli per lavoro, aspetta i clienti nella pensione, guida l'autobus, porta via i rifiuti, controlla
i depuratori ma, spesso nel tempo libero, si mischia alla massa e spende, consuma
ciò che produce immediatamente senza accumulare. Altri accumulano
e sudano e maledicono il giorno in cui sono venuti a faticare ma dormono
poco in preda ad una frenesia che li porta a spendere energie senza riposare.
Sono l'esercito dei lavoratori, degli stagionali che migrano in cerca di
fortuna, di danaro, di folla. Questa comunità effimera e transitoria,
possiamo definirla una comunità stagionale, si confronta con una
comunità stabile e se vogliamo con una struttura di potere:la città
vecchia con le sue tradizioni e le sue istituzioni. Il paradosso che qui
si evidenzia è che la città vecchia ha "pensato"
permesso ed in qualche modo prodotto la comunità stagionale, di fatto
questa è la grande industria della città, l'attività
produttiva che prevede anche un indotto con attività economiche
e commerciali legate al turismo: Eppure questa vecchia città si vergogna
dell'estate, le due città non riescono ad integrarsi e questo provoca
effetti in diversi ambiti come quello istituzionale, quello gruppale famigliare
e quello individuale.
L'ambito famigliare
Possiamo osservare,a titolo esemplificativo,una mutazione avvenuta nell'ambito famigliare. L'analisi di questo ambito che si colloca a cavallo fra l'istituzione: l'istituzione familiare, e il gruppo, ci permetterà di comprendere a questo livello i fenomeni della migrazione,dell'identità e se vogliamo della psicopatologia. Il modello famigliare, la struttura di questo particolare gruppo è molto ben descritta da una scena del film "Amarcord" di Fellini. Quella famiglia, con il padre sanguigno e la mamma "azdora" ossia reggitrice è già una famiglia picolo borghese inurbata nella Rimini degli anni 30. Ma lo sviluppo degli anni 60 ha esteso l'esogamia per cui i matrimoni popolari non sono più con una ragazza di "un paese di fuori" ma con svedesi, tedesche, francesi, svizzere. Insomma si è prodotta una nuova identità familiare che non era prevista in quel borgo di Fellini. Rimini non era preparata ad una cultura metropolitana. Per questo le nuove famiglie hanno portato una differenza anche nella città vecchia. Non più solo d'estate ma anche in inverno c'erano luterani e non solo cattolici o comunisti/anarchici. C'erano soprattutto, in queste famiglie codici diversi che ancora non sono riusciti ad emergere. Possiamo rappresentare la situazione con uno schema
Si instaura un conflitto sulle regole della nuova famiglia ad esempio
sulla educazione dei figli. L'antica soluzione di questo conflitto prevedeva
la prevalenza di uno schema,di solito quello paterno mentre quello materno
diventava latente per riemergere solamente durante i conflitti educativi.
Ora questa soluzione non è più praticabile. Risulta impossibile
per una ragazza di Berlino o di Parigi adeguarsi al modello di "Azdora"
che sta in casa e la governa, fa le tagliatelle e la piadina. Del resto
la mentalità della città vecchia non aiuta queste famiglie
a fondare una loro identità. Le famiglie si sentono quasi sempre
lacerate nella loro differenza e riportano al loro interno il conflitto
di identità che abbiamo analizzati nell'ambito comunitario (estate/inverno).
Sembra che non si riesca a trovare una nuova identità e che ci si
debba riferire sempre a schemi famigliari tradizionali per essere integrati
nella città vecchia e quindi definirsi "riminesi". Le
macchine desideranti che si sono concatenate nel flusso estivo stentano
a trovare una coscienza della loro identità e spesso vagano in una
"falsa coscienza" come se ci si dovesse per forza adeguare ad
uno schema famigliare dominante che non esiste più e non corrisponde
alla realtà.. Non so, dunque se questa linea di frattura che stiamo
descrivendo non sia una linea che corre fra le istituzioni della endogamia
e quelle della esogamia. Sta di fatto che questi nuclei famigliari esogamici
non possono definirsi direttamente romagnoli o italiani ma devono rifarsi
,quanto meno,ad una identità europea,ad una realtà ideale,forse
ad una comunità utopica. Ma è certo che esistono e ciò
che succede nell'altra sponda del mare Adriatico ci fa riflettere sulla
esplosione delle differenze e sulla ricerca di identità etniche
che negano l'esogamia e lacerano tutti coloro che provengono da nuclei
famigliari esogamici. Vi sono oltre 3 milioni di yugoslavi nella ex Yugoslavia, yugoslavi
perchè figli di un croato e una serba o di una bosniaco musulmano
e un bosniaco ortodosso e così via. Queste persone sono costrette
a scegliere negando una parte della loro identità che si riferisce
ad una comunità esogamica che abbraccia tutto il mondo. La frantumazione
della ideale comunità esogamica multirazziale e multiculturale porta
alla psicopatologia della comunità etnica , del " moglie e buoi
dei paesi tuoi", della purezza del sangue e di altri delirii endogamici
tristemente conosciuti. Anche per questo motivo abbiamo cercato un programma
di prevenzione che lavori per la presa di coscienza di una nuova realtà
e che porti alla produzione, di una diversa identità culturale nella
nostra città e provincia. Questo programma si focalizza su di un
periodo particolare di formazione dell'identità: l'adolescenza.
L'Adolescenza
Su questo fondamentale periodo è importante lo studio di G. Lapassade
:" Il mito dell'adulto", in questo lavoro, dei primi anni 60, Lapassade sostiene che l'adolescenza ha uno statuto a sé, non è semplicemente
un periodo di passaggio ma è la metafora dell'identità dell'essere
unano, una identità incompiuta perchè in continuo cambiamento.
Attraverso l'adolescenza vista come momento in cui tutti i destini dell'adulto
sono possibili Lapassade ci propone una identità fortemente ancorata
all'immaginazione, che accetta le forma simboliche della comunicazione solo
come strumenti e non come feticci cui uniformare un comportamento, feticci
a cui l'adolescente dovrebbe soggiacere entrando nel mondo adulto. Questo
mondo atultus, divenuto, questo stato è storicamente, socialmente
e geograficamente determinato e l'adulescens colui che diventa produce
un mondo di simboli, crea sempre un mondo nuovo se non è costretto
a non essere. Dunque in questa prospettiva l'adolescente o meglio gli adolescenti
sono un punto di confluenza della molteplicità, l'emergenza del
nomadismo in una identità famigliare territorializzata. Sono un
punto di catastrofe di una mutazione che può portare a diversi esiti.
La nostra attività preventiva si rivolge dunque a questi soggetti
ed in particolare seguendo gli studi di T.K. Cohen: "I ragazzi delinquenti"
abbiamo diviso gli adolescenti in coloro che hanno un atteggiamento "proscolare"
e chi ha un atteggiamento "antiscolare". È soprattutto in questa
seconda categoria che si svolge il nostro intervento, qui infatti si trovano
soprattutto gli adolescenti che per problematiche famigliari, di cui abbiamo
parlato precedentemente, vengono respinti ai margini dell'identità
culturale locale, non hanno nessun tipo di ormeggio ne possibilità
di idetificarsi con la cultura dei padri perchè la loro famiglie
presentano un alto grado di differenzazione rispetto al modello ideale
dominante nella quotidianità della città. Per questo motivo
producono sottoculture che si riallacciano ai filoni presenti in tutto
il mondo che riguardano il mondo degli adolescenti. In questo campo la
città e la provincia di Rimini, vivono una realtà che è
importante precisare.
Negli anni 70 - 80 per aumentare le potenzialità
di accoglienza si sono diffuse molte iniziative che tendevano ad aumentare
la stagione turistica oltre l'estate. Per questo si è sviluppato
un turismo congressuale ma anche, ed è il punto che qui ci interessa,
un turismo giovanile interessato al ballo e alla vita da discoteca. Nella
Provincia di Rimini sono concentrate circa 200 discoteche, la concentrazione
più alta d'Italia. Sono discotehe di tutti i tipi, compreso le discoteche
che come si dice "fanno tendenza". Questi locali richiamano nei
fine settimana di tutto l'anno una folla numerosissima di giovani che vengono
da tutta la pianura padana ed anche dal Centro Italia. Vi sono
ormai fenomeni particolari come treni dedicati al ballo e campagne promozionali
contro l'alcool, e le compresse di ecstasy al fine di prevenire i decessi
da incidenti automobilistici del sabato sera. Tuttavia questa situazione,
a nostro avviso, va ulteriormente analizzata, considerando per l'appunto
l'adolescenza ed anche la tendenza a.comportamenti... ORDALICI come ad esempio
sfidarsi nell'attraversare con l'auto a tutta velocità un incrocio
della via nazionale con il semaforo rosso. Ma l'analisi ha portato, e quì
tocchiamo l'argomento di cui mi interessa parlare, sul piano di un fenomeno
che incominciamo a definire come "Transe Metropolitana". Che
cosa significa? E perché ne parliamo quì?
Torniamo per un
momento all'identità e proviamo per un momento a definirla come:
coscienza dell'unità della propria presenza come unità numerica
e non di specie e cioè: Io sono io e non un altro, sono nato il
tal giorno del tal anno nel tal luogo ho fatto questo e quello ecc. Secondo
L. Prieto solo l'essere umano ha coscienza della propria identità
numerica mentre gli altri esseri. possono avere, coscienza dell'identità
di specie e di generare (maschile, femminile ecc.). Questa coscienza dell'identità
numerica ha qualche cosa a che fare con il concetto di "presenza"
che utilizza Ernesto De Martino, un antropologo italiano. De Martino parla,
nel suo testo "Il Mondo Magico" di crisi della presenza che si
scatenerebbe in determinati momenti di cui il paradigma sarebbe il lutto.
In un altro suo testo, "Morte e pianto rituale" descrive questo
crisi che si presenta maggiormente la dove, come dice lui il contenuto
della presenza manca di ogni interna discriminazione. E cioè, per
dirla in altro modo, riprendendo un concetto fondamentale anche nell'opera
di J. Bleger la discriminazione è funzione dell'identità.
Certamente, se la discriminazione è carente, la "presenza",
ossia "l'essere per se" come dice Sartre sconfina facilmente
nell'"essere in se" delle cose basta dunque un momento critico
della esistenza: "nascita, pubertà, matrimonio, paura e morte,
potremmo includere migrazione" perché si possa parlare per
periodi più o meno lunghi e in.grado variabile l'unità della
propria persona e l'autonomia dell'io e quindi il controllo degli atti.
In poche parole pechè si possa perdere l'identità e la coscienza
di una identità numerica. Ed è proprio in queste situazioni
critiche in cui il singolo si sente minacciato nel proprio "essere
nel mondo" che emerge il rito che fornendo stereotipi ossia modelli
di comportamento oggettivi codificati ricollega con una supposta tradizione.
Ma è come ci ha insegnato Picòn Riviere lo stereotipo è
il nemico dl pensiero perché impedisce di elaborare una situazione
attuale riproponendo vecchi modelli rassicuranti, lo stereotipo è
anche pericoloso perché può fornire basi pseudo teoriche
all'aggressività perché l'ansietà depressiva, ossia
la paura di perdere la tradizione, si può trasformare un'ansietà
paranoide per cui si individua un "nemico" responsabile della
situazione critica in cui ci troviamo.
Anche Franco Fornari aveva descritto
la guerra come l'elaborazione paranoica del lutto. E' in queste situazione
critiche che gli stereotipi prescrivendo certi comportamenti a chi occupa
una certa posizione attribuiscono ruoli che vengono assunti dagli attori
e se non sono elaborati nel compito presente provocano una ripetizione
astorica che si riferisce ad una "tradizione" che può
definire la situazione attuale, il contesto, solo attraverso l'imposizione
violenta e tramite il consenso dell'atto comunicativo (Habermas) Questi
stereotipi che definiscono le condotte dei ruoli come il padre, la madre,
il figlio, il fratello ecc. sono effetto di una cultura stancamente determinata
ed entrano fortemente in crisi in situazioni di cambiamento come le migrazioni
ma anche in situazioni come quelle che abbiamo descritto in una città
come Rimini. Quando questi ruoli diventano fissi, simulacri di una cultura
tradizionale che appartiene ad un'altro paese ed un altro tempo, ad un
altrove, possono essere vissuti come "altri" che si calano nell'identità
e la modificano a seconda di ciò che il ruolo prescrive. Tu devi
comportarti così dice il ruolo che possiede il soggetto in una situazione
critica. Ossia in questa situazione il figlio, il padre, la madre, il fratello
si devono comportare così per evitare di perdere l'identità.
Ma l'interpretazione del ruolo in questo dramma è, secondo noi,
in funzione del compito reale che convoca gli attori o se volete i membri
di un gruppo.
La transe metropolitana
Bisogna distinguere fra rito, cerimonia, ed elaborazione creativa della
situazione attuale. Infatti vi è differenza fra il pensare ed il
decide su di un pensiero cosciente e la decisione frutto dell'applicazione
di stereotipi. La differenza sta nella funzione di disriminazione, nella
capacità di contenere l'ansia prodotta da una situazione di crisi.
Ma come è evidente ogni situazione è una situazione nuova
anche se il gioco di un processo a spirale può presentare elementi
analoghi. Sono elementi che si ripresentano in un altro giro di spirale.
Ma torniamo a Rimini e alla transe metropolitana. Da numerosi studi possiamo
definire la transe come un comportamento del corpo o meglio un corpo che
si dissocia da una coscienza .ordinaria .che trapassa (trans-ire) in una
coscienza marginale in cui l'identità è mutevole e la discriminazione
molto bassa. Lapassade descrive delle figure della transe che secondo lui
costituiscono una genealogia del fenomeno: ci sarebbero
1) una transe sciamanica
o estasi
2) una transe dispotica
3) una transe profetica
4) una transe
drammatica o catartica
5) una transe satanica DIONISO = DIAVOLO
6) una transe isterica
Il fenomeno sarebbe sempre lo stesso la differenza sarebbe
la lettura che il potere effettua sul fenomeno. La lettura costruisce
anche una definizione e quindi anche un controllo. Per Lapassade: "pressoché
in ogni fase della sua storia, la transe è legata alla lotta di
classe. Essa appare così come un analizzatore naturale della contraddizione
sociale". Ora , senza approfondire ulteriormente il concetto di analizzatore
basti dire che per Lapassade e per l'analisi istituzionale analizzatore
è "è un comportamento che obbliga alla manifestazione
di una verità sociale, di una situazione fino a quel momento tenuta
nascosta o insufficientemente conosciuta dagli individui." Bene, si
diceva che la transe può essere un analizzatore, un emergente clinico
di una determinata situazione storico sociale. Ad esempio la transe sciamanica
ci indica una società senza stato dove lo sciamano può educare
ad un modo di accesso a stati modificati di coscienza in funzione di una
situazione che richiede costantemente l'elaborazione di strumenti per affrontare
i cambiamenti della vita quotidiana. Diversa invece è la transe
dispotica dove lo stato in mano al dispota organizza il controllo "perinde
ac cadaver" dei corpi dei sudditi. Naturalmente la possibilità
di uscire dai ruoli predeterminati e dai comportamenti prescritti o dagli
stereotipi è una figura di transe. Così, in questo senso
l'organizzazione sociale e l'elaborazione sempre più definita dei
ruoli in rapporti economici ad esempio di schiavitù, o feudali o
capitalistici vengono evidenziati dalla forma della transe ossia da come
la transe viene spiegata. In questo senso stiamo cercando di interpretare
il fenomeno della transe legata all'uso di droghe. In particolare il desiderio
di "sballo" ossia di uscita dal perimetro di una coscienza di
se vista come limitante è da mettere in relazione con codici di
rapporti sociali che prescrivono ruoli rigidi stereotipati che non lasciano
nessun margine alla creatività e che vengono vissuti come imposti
da un ordine simbolico predeterminato, da una ideologia potremmo dire.
Se dunque una ideologia dominante esercita la propria egemonia prescrivendo
dei ruoli sociali che gli attori devono assumere necessariamente al fine
di mantenere quei rapporti sociali determinati che costituiscono la forma
di produzione del periodo allora il desiderio di fuga da quei ruoli o da
quella coscienza ordinaria che prescrive quei ruoli è la manifestazione
di un desiderio di un nuovo ordine sociale e di nuovi rapporti sociali.
Tradizionalmente la transe è legata alla perdita dei confini dell'identità
e dunque porta a quella situazione che può essere anche definita
di gruppo in fusione (Sartre) o di fenomeno di massa come ci dice Freud,
a questo punto vi può essere un controllo dispotico tramite un medium
che ipnotizza la massa vi può essere un effetto catartico per cui
le masse si possono liberare delle tensioni per poi ricaricarsi durante
il corso della coscienza ordinaria. In questo caso il fenomeno di transe
è funzionale all'ordine sociale prestabilito. Oppure vi può
essere un cambiamento in funzione di una presa di coscienza non verso una
distruzione della coscienza ma verso un suo allargamento.
Si evidenzia che in questo modo noi riteniamo la coscienza come ordinatrice dei ruoli sociali e quindi come morale dominante. È questo super io o Altro generalizzato come dice G.H. Mead a porsi come DOVERE, obbligo, divieto ;cioè come prescrittore di norme comportamentali che definiscono i ruoli sociali. Ma noi sappiamo che questa etica non è "naturale" ma socialmente e geograficamente determinata. Del resto ai fenomeni della transe è sempre stato collegata un'idea di immoralità, di violazione dei tabù sessuali ecc... Stiamo pensando a questo fenomeno della frequentazione massiccia delle discoteche ed alla sottocultura che si collega come ad un fenomeno di transe metropolitana non ritualizzata, anche se esistono aspetti sempre più coscienti di cosa si sta facendo ma senza che ci si immerga nel fenomeno infatti possiamo avere:
Quindi se pensiamo a questo fenomeno come una transe metropolitana lo possiamo pensare come desiderio di uscita dalla coscienza ordinaria intesa anche come morale dominante, possiamo dire con Reich morale sessuale dominante. A questo punto questa coscienza direbbe Lucaks : - ci si presenta come "coscienza giusta" cioè come qualcosa che, soggettivamente, deve e può essere compresa e giustificata sulla base della situazione storico sociale, ed al tempo stesso come qualcosa che oggettivamente passa accanto all'essenza dello sviluppo sociale senza riuscire a coglierlo e a dare ad esso espressione adeguata quindi come "falsa coscienza"-. La coscienza giusta di questo fenomeno che abbiamo inteso come transe metropolitana ci riporta alll'adolescenza come potenzialità di crescita e di creatività ed ai movimenti sottoculturali internazionali legati alla prospettiva di una nuova fruizione sociale. Evidente infatti che se vi sono movimenti che spingono coscientemente per una forma multirazziale e multiculturale questi sono movimenti che prefigurano una comunità esogamica mondiale e si oppongono al nazionalismo e alla definizione di identità basata sul territorio sull'etos, sul sangue di una comunità endogamica regressiva e tradizionalista. Per noi quindi la promozione dei fenomeni di transe metropolitana va di pari passo con la ricerca di una coscienza multi etnica e antinazionalista che è tipica dei nuclei familiari che si sono formati nel crogiolo della migrazione, sia pure una migrazione turistica. In questo senso movimenti come l'Hip Hop ed anche la "tecnotranse" con i rave ripropongono forme di creatività slegate dalla ripetizione e prefigurano forme di vita basate sullo scambio di conoscenze pratiche dove il ruolo è in funzione dello stile di vita che non è prescritto a priori ma prodotto nella prassi. Promuovere sviluppare queste forme di transe metropolitana significa anche favorire una presa di coscienza della necessità del cambiamento degli schemi di riferimento per misurarli con il compito attuale e non con le norme dettate dalla tradizione. In questo senso la transe è il metodo giusto per fondere i ruoli predeterminati che si sono impossessati dell'identità ma il gruppo il piccolo gruppo che lavora sul compito è la condizione necessaria perché si possa accedere alla coscienza di una nuova identità che è una identità in cambiamento continuo. Quindi, come scuola di prevenzione siamo impegnati nella formazione di operatori che intervengono in centri sociali giovanili per favorire l'aggregazione di adolescenti con un atteggiamento antiscolare. Queste aggregazioni propongono la festa, il ballo, la musica come modalità di aggregazione e dunque interferiscono nella "transe metropolitana" però dal punto di vista di un allargamento della coscienza e non verso una sua distruzione ed un assoggettamento delle volontà a forme di controllo dispotiche. Ma non promuoviamo momenti di scarico emozionale puramente catartici che poi servono a mantenere le identità preformate e rigide dei rapporti sociali predeterminati. Cerchiamo invece di sviluppare e favorire tutte quelle forme di liberazione da ruoli tradizionali ormai ridotti a simulacri perché i desideri possano realizzare i legami sociali di nuove comunità fondate sul rispetto delle differenze e sulla valorizzazione della creatività.
Leonardo Montecchi
Bibliografia
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Note di Psicologia e Psichiatria Sociale, Pitagora
J. Bleger, Psicologia della conducta
Paidos, Simbiosi e ambiguità, Lauretana
T.K.Cohen, Ragazzi delinquenti Feltrinelli
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S. Freud, Psicologia delle masse e analisi dell'io, Boringhieri
F. Fornari, La guerra, Feltrinelli
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J. Habermas, Discorso filosofico sulla modernità, Laterza
K. Marx, L'Ideologia tedesca, Editori Riuniti
G.H.Mead, Mente e società, Giunti
W. Reich, Psicologia di massa del fascismo, Mondadori
L. Prieto, Lezioni all' Istituto di Psicologia Sociale analitica di Venezia
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J.P. Sartre, Critica della ragione dialettica, Il Saggiatore