PORPORA



IL PROGETTO
TEAM
DANIEL VARUJAN
LEVON ZEKIYAN
IMMAGINI
AUDIO
Pioggia di primavera
(Garnan andzrew)

Sui campi insistente con la sua malinconia
non è la pioggia che cade.
È un rovescio di primavera che innaffia luce
sulle campagne infinite.
Le stelle nascoste, come sciolte dal sole,
si riversano a torrenti,
e nella loro luce scintillante
lavano campi e vigne.
L’azzurro d’improvviso piange per il riso violento
e piove diamanti;
s’illuminano le fonti cieche e cantano
la loro fertile origine.
Tambureggiando precipitano come torrenti
le grosse gocce di zaffiro,
piene di sole, di gioia, di azzurro,
di risa di madreperla.
I prati bagnati emanano frescura...
Gli agnelli sono lavati...
L’odore della terra , della terra l’odore si diffonde
nell’aria e nel villaggio.
E nei miei campi, nei miei campi intrisi di sudore
i grani tardivi
germogliano con rinnovato vigore
affiorando tra le gocce.
E nella foresta purificata in questo momento
– secondo la leggenda del mio villaggio –
un cervo nasce sotto l’arcobaleno,
un cerbiatto simile alla luna.


Papaveri
Cogli, sorella, questi papaveri nel recinto –
sanguinanti come cuori innamorati.
Nelle loro coppe di cristallo
berremo l’onda del sole.
Tanto divampano di fiamme
che il loro incendio brucia i campi sterminati.
Nelle loro coppe di fuoco
berremo le scintille delle stelle.
Cogli, sorella, come la quaglia nascosta
tra i grani che dolcemente vezzeggiano.
Nelle loro coppe scarlatte
berremo il sangue dei solchi.
Chini sui nidi delle allodole
fluttuano come grappoli di raggi rossi.
Nelle loro coppe rubino
berremo la promessa della Primavera.
Cogli, sorella, non i papaveri, ma la fiamma;
avvolgi del loro incendio il tuo grembiule verginale.
Nelle loro coppe delicate
berremo i fuochi di giugno.
Fiori sbocciati come le tue tenere labbra,
conversano con il grano vibrante.
Nelle loro coppe purpuree
berremo il mistero delle spighe.
Coglili, sorella, perché di essi c’incoroneremo
per la gioiosa festa di domani, al villaggio.
E in queste coppe, danzando,
berremo il vino dell’Amore.

Mari di grano
Passano i venti –
ed i miei grani dolcemente si svegliano;
per le loro vene scorre un fremito immenso.
Giù dai fianchi verdeggianti del colle
passano i mari.
Passano venti –
e straripa, tanto s’infuria, il turgido campo
che morirà soffocato il capretto che vi pascola.
Per il grembo della valle ondeggiante
passano mari.
Passano venti –
e si squarcia, si ricuce splendido
il manto sventolante del grano.
In mezzo all’ombra, tra le faville di luce
passano mari.
Passano venti –
sotto le spighe, dove la luna ha stillato
il late della sua anfora, ondeggiano i chicchi.
Dalle aie fino al villaggio, dal villaggio al mulino
passano mari.
Passano i venti –
e vibra di smeraldi il prato infinito.
Canta il passero sopra una spiga dondolante
mentre sotto di lui, del grano infuriato
passano i mari,
passano i venti.

 

Daniel Varujan (1884-1915) nacque a Perknik (Anatolia). Studò a Venezia e a Gand, per poi stabilirsi a Costantinopoli, dove pubblicò le raccolte poetiche che lo resero celebre (Il cuore della stirpe e Canti pagani). Fu brutalmente trucidato, insieme ad altri intellettuali armeni, nell’estate del 1915. Il canto del pane, il suo capolavoro, fu pubblicato postumo nel 1921.
Le traduzioni di Antonia Arslan, Chiara Haïganush Megighian e Levon Zekiyan provengono dall’edizione a cura di Antonia Arslan pubblicata da Guerini & Associati nel 1992.