
Shpil. You see those faces... looking to the photographer,
waiting for a sign.
Each of them has a voice, a sound. Discover it clicking on them.
*
Se fuori ... qui aspetta... mi ... ma non è questo che temo.
Ho salutato il giovane libanese alla svolta precedente di questa vita, lì,
issate su arazzi, c'erano mediocri ballerine a fare cerchio intorno a noi che
coltivavamo il vivaio delle nostre illusioni mentre con fili di rafia ne facevamo
trecce e nodi e tessiture. Nell'intreccio dei fili erano i destini che si incrociavano
talvolta ... E' lì che ho visto i.sioni cadere per sempre guardandomi spalancare la
bocca nell'estasi idiota di un bacio. Vedere l'automobile nera con quella donna aspettare
dentro è stato un grosso colpo per me. Sul finestrino anche se ero lontana la mia
immagine vi era impressa più che in un riflesso; ho temuto di cedere all'incredulità ma
non è accaduto, ho risolto in un attimo la mia relazione infelice con il tempo modellando
il mio viso a somiglianza di lei scolpendovi i segni della mezza età.
Sono qui, appoggio le mani destra e sinistra sul tavolo di questa stanza, da qui la
figura di lui quasi si confonde con le ombre che entrano dalla finestra ma lui non si
muove, ma lui non parla ancora. Da qui sento il passaggio raro delle auto minacciarmi
con la speranza. Torno al mio mestiere che è quello di lasciare le ombre ai muri, i fili
di rafia alle illusioni, i corpi alla corsa, la realtà al riposo. Su per le scale in
ferro che mi hanno portata qui dentro, avevo già sparso le pietruzze per il ritorno. Lei
si chiamava Simone e si può essere certi che non fece i nomi e che non
parlò.
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