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Scuola "J. Bleger"
Rimini
Presentazione
Ci sono tempi in cui le emozioni ed i pensieri
si fondono per produrre una nuova partitura, allora si avverte la paura
ed il fascino dell'incontro con l'estraneo. Noi proveniamo da un impegno
collettivo, da un progetto generale di nuova socialità che ha
le sue radici nella pratica di lotta e di antagonismo sociale, nata alla
fine degli anni sessanta. Siamo dunque desideri, immagini, sogni collettivi
di una cosa di volta in volta concretizzati in opinioni, progetti compiti
operativi.
Certamente quell'onda ha lasciato relitti e fango tanto da cancellare
le memorie e mostrare ingombranti macerie che sembrano inquinare definitivamente
l'acqua e renderne impossibile l'uso. Ma il mandato sociale che ci sentiamo
di assumere risente di una scelta che ci ha posto e ci pone al di fuori
di ogni logica di normalizzazione e di controllo per privilegiare il processo
di liberazione e di cambiamento.
Nulla ci è più lontano di una tecnologia di adattamento
basata sulla rassegnazione, noi non lavoriamo per nessun oppio dei popoli
né per il potere ma per far crescere la creatività, per apprendere
l'emozione di pensare per rivoluzionare la vita quotidiana. Infatti è
proprio qui che si produce il sentimento di infelicità, è
nella vita quotidiana che si misura la sofferenza e si percepisce la saluta
e la malattia.
Questo nostro inferno in cui camminiamo, come uccelli dalle lunghe
ali goffi e feriti dai marchi di un senso comune prodotto dall'industria
dell'informazione. É questa la dimensione molecolare che ci interessa,
è questo il ritmo in cui vogliamo interferire. Noi pensiamo e vediamo
nella nostra pratica una preminenza della dimensione della quotidianità
nella produzione sociale e comunitaria dell'immagine di salute e questa
produzione è legata a stereotipi mediati dall'industria dell'informazione.
Sempre le concezioni molecolari della salute sono legate a spezzoni
di teoria filosofiche, di visioni frullate e centrifugate dall'industria
dell'informazione e filtrate nella vita quotidiana dove vanno a costituire
il senso comune che risulta così come una macchinazione auto
prodotta, un oggetto composto di vari rifiuti e riciclato nella vita quotidiana.
Una specie di ibrido di cui analiticamente si possono ritrovare le
varie parti componenti, e risalire alle concezioni del mondo che lo sorreggono.
Vi è da notare che attualmente il senso comune è sempre più
condizionato da concezioni del mondo conservatrici che temono il conflitto
e teorizzano la stabilità del sistema come dato da privilegiarsi
rispetto al movimento. Ne consegue che gli strati esclusi dall'informazione
sulle procedure di controllo vengano considerati non come forze antagoniste
e dunque istituenti all'interno di una visione dinamica o dialettica o
democratica, ma come estranei, apocalittici, irrazionali.
La traduzione nella vita quotidiana di questa concezione porta a vedere
ogni mutamento molecolare come metamorfosi inquietante, come produzione
di oggetti bizzarri, incomprensibili, insetti kafkiani, personaggi di Bosch.
Non c'è dubbio che il problema consista dal punto di vista della
stabilità nel credere di riportare nella dimensione della normalità
questi stranieri che circolano ai bordi del circolo logico e certamente
si sono sviluppate tecnologie e tecnici per recuperare questi fuggiaschi
alla realtà ontologicamente fondata alla certezza dell'essere uno.
Ma questo significa abituare alla rassegnazione, lavorare perché
riescano le rimozioni, chiudere la porta aallo straniero e al desiderio
di conoscerlo significa restringere l'area della coscienza, ridurre la
democrazia, contenere le emozioni, riemire manicomi mentali e aprire quelli
reali.
Noi siamo un altra cosa, siamo una forza che apre il circolo logico
in una spirale dialettica dove la contraddizione non è il pesante
paradosso, ma il motore del movimento, una contraddizione che nello stesso
essere in sé differente e dunque molteplice una e molti allo stesso
tempo, una realtà concepita come non essere ancora che rivolge il
proprio fondamento ontologico nel futuro ed ammette la propria trascendenza
solo in un futuro che può prodursi in un progetto operativo.
Ed in questa corrente non siamo soli, ci sentiamo di condividere quel
progetto di lavoro teorico pratico che è stato patrimonio di quel
movimento che ha cercato do coniugare il marxismo con la psicoanalisi ed
in particolare con chi ha cercato di produrre una concreta raltà
di cambiamento nella vita quotidiana e qui il riferimento può iniziare
da Sandor Ferenczi
ed alla sua concezione della psicoanalisi come strategia del desiderio,
a partire dalle sue considerazioni sulla pedagogia fino ad arrivare alla
sua esperienza di prima cattedra universitaria di psicoanalisi durante
la rivoluzione ungherese del 1919, ma si riferisce anche alla riflessione
di Freud sulla
psicologia delle masse e analisi dell'io in cui si definisce ogni psicologia
come psicologia sociale e certamente anche a Reich,
alle sue esperienze del movimento sex pol alla sua analisi della psicologia
di massa del fascismo.
Certamente i nostri riferimenti marxisti sono al marxismo di Gramsci
ed alla sua valutazione del fattore soggettivo anche alla sua analisi
del senso comune e della ideologia come forza materiale, cosi' come ci
sentiamo vicini a Politzer e allo sforzo di costruire una psicologia concreta.
Noi pensiamo che il marxismo volgare, meccanicistico e dogmatico sia
caduto nell'errore di concepire un processosociale oggettivo, senza soggetto,
errore che porta fatalmente alla totalizzazione ed alla stagnazione, in
quanto la dinamica sociale viene rinchiusa in una diaalettica in cui la
contraddizione ha un puro valore nominale, mentre ha un valore concreto
la cosiddetta "sintesi organica", che chiude il processo in una
totale burocraticita'.
Per noi il processo dialettico non e' mai dato una volta per tutte,
ci sono cambiamenti lenti e cambiamenti veloci, non ci sono sintesi organiche
e conclusioni, ma punti provvisori da cui si dipartono infiniti percorsi
possibili che dipendono dalle libere decisioni del soggetto.
Si, ma quale soggetto?
Siamo al punto che piu' ci interessa sviluppare.
Noi pensiamo che il soggetto cartesiano sia un'illusione metafisica
storicamente determinata e frutto di una ideologia funzionale alla struttra
economica capitalistico - borghese. Nonostante questo, come diceva Calvino
in una sua recente conversazione, non riusciamo a pensare in modo diverso,
questa concezione del soggetto e' un ostacolo epistemologico, direbbe Bachelard
nonostante che Marx quando
descrive l'illusione della scienza economica borghese parli di un individuo
astratto nonostante Freud che circoscrive la coscienza sovradeterminata
dall'inconscio.
Anche Nietszche
svela un soggetto con una maschera che cela la volonta' di potenza.
Questo soggetto, il soggetto del cogito, si rivela come astratto, frutto
di una ideologia e compare nel pensiero del '900 ridotto a struttura, codice
linguistico, flusso desiderante, sistema infrasistemico.
Dagli esiti di certa filosofia contemporanea, come il post-strutturalismo
di Derrida,
ma anche dell'ultimo Wittgenstein,
emerge un processo senza soggetto, un nomadismo senza dimora che sembra
speculare sull'ideologia del processo diretto e dominato da un soggetto
metafisico trascendentale.
Come dire dott. Jeckill o Mr. Hide.
Noi pensiamo invece che la soggettivita' si costruisca non sull'identita'
ma sulla differenza sessuale. Da questo punto di vista va ripensato il
soggetto come soggetto sessuale e questa soggettivita' va liberata nel
gruppo familiare. É nella famiglia infatti che si costruisce l'ideologia
della rassegnazione, perche' l'infelicita' sessuale dei coniugi si deposita
su un capro espiatorio che ammalandosi giustifica l'unione familiare: dobbiamo
unirci per pensare a lui. Spesso questa unione e' solo dettata dalla
paura di separarsi, paura che nasconde l'ansia depressiva di base, come
la chiama
Pichon Rivière.
É la paura di non esserci piu', la crisi della presenza, direbbe
Ernesto De Martino, che produce rituali ossessivi o capri espiatori. Ed
il capro espiatorio esorcizza l'estraneo, lo sconosciuto, il terribile,
l'orbita vuota dello sguardo della morte che pietrifica chi lo vede. Ma
pietrifica l'identita' dell'uno, non la coscienza del molteplice, non il
soggetto coesciente della propria differenza sessuale.
Ed e' questo il programma che riprendiamo anche dall'esperienza femminista
e dalle riflessioni di Luge Irigaray, cioe' una nuova etica sessuale, una
etica della differenza sessuale.
Questo e' il programma per un vasto progetto di prevenzione, ossia il lavoro
per la costruzione di una nuova morale sessuale, una morale della differenza
sessuale. Noi continuiamo a pensare con Ferenczi la prevenzione sia
in primo luogo l'educazione e che l'educazione sia in primo luogo educazione
sessuale ed e' proprio sul cambiamento molecolare dell'etica sessuale familiare
che noi puntiamo.
Per portare avanti il programma, che e' il programma della psicoanalisi
applicata alla societa' e alle istituzioni, sviluppiamo la concezione operativa
di gruppo nella dimensione della psicologia sociale analitica che Armando
Bauleo e l'IIPSA
di Venezia vanno costruendo. Noi pensiamo che la concezione operativa di
gruppo permetta di sviluppare una soggettivita' e nello stesso tempo di
produrre cambiamenti reali del campo di intervento.
In questa concezione ci sentiamo l'onore e l'onere di essere degni
di J. Bleger nell'intraprendere un lavoro di didattica della prevenzione
in cui, per noi, il problema principale risiede nella trasmissione non
solo di una formulazione cognitiva, ma di una esperienza emotiva peculiare
che ci pone nella dimensione progettuale come sentimento di cio' che
ancora non e' ma puo' essere se e quel che puo' essere richiama tutta
la nostra soggettivita' che dalla caduta ci volge verso sconosciuti orrizzonti.
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