GIOIA
COSTA ARTICOLI NELL'INFERNO DI STRINDBERG
ROMA.
Danza macabra di August Strindberg è un testo di rara bellezza, nel quale
la malvagità che separa ed unisce in un gioco feroce due esseri umani è
raccontata con una modernità inquietante. Esaurito in tutte le edizioni,
è in scena al Teatro Greco di Roma fino al 3 marzo con la regia di Armando
Pugliese. La composizione fra i diversi tenori nervosi degli attori e la freddezza
rigorosa della regia ne fanno un appuntamento fra i più alti della stagione.
La drammaturgia contemporanea ci ha abituato a scoprire in scena varie forme
di malessere e disagio come se, con la morte del tragico, anche il Male fosse
tramontato, lasciando il suo posto al farsesco. Strindberg ha invece una specie
di veggenza nera nella costruzione delle situazioni e nell'ambientazione dei caratteri,
e sa tracciare profili spietati dell'inferno cui un uomo e una donna possono dar
vita. In Danza macabra, che è stato scritto nel 1900, il tono naturalistico
della sua scrittura si apre ai fantasmi, ed assume una connotazione più
irreale. I due protagonisti, il Capitano e sua moglie Alice, si divorano da quindici
anni su un'isola, scandendo le ore con abitudini colme di rancore: il loro raffinato
equilibrio non può sopportare alcuna intrusione, e per questo vivono nel
più assoluto isolamento, alimentando spettri e manie. Sembra che attorno
a loro ci sia solo il mare e nessuno viva sullisola, perché qualsiasi
essere umano vivo ed esterno al loro mondo non potrebbe rappresentare altro che
una minaccia o un pericolo. Infatti, l'arrivo di Kurt, vecchio amico che torna
dall'America, è l'occasione per tentare di far esplodere i loro riti funesti
e le loro conversazioni intollerabili, nelle quali ogni giorno l'anima si dà
in pasto allo scherno e al disprezzo. Nulla però può interrompere
il Male, che compie il suo corso a dispetto di qualsiasi novità, e l'amico,
trascinato nei meandri complicati che uniscono Alice e il Capitano, li lascerà
prede del loro girotondo di tradimenti che contagia ogni cosa. Una vera danza
di morte, le cui figure sono state fissate una volta per tutte: Alice accusa suo
marito di non essere diventato maggiore e di non aver avuto successo, lui le risponde
esercitando una sofisticata violenza psicologica, per alzare la posta del gioco
e render sempre più forte la dipendenza di sua moglie e la natura di ciò
che determina la loro unione. Nella regia, Armando Pugliese ha dosato i tempi
per far affiorare la tensione che sottende i gesti, rivelando così quanto
il non detto e la ripetizione dellidentico possano avvelenare la prossimità.
Il disegno scenico ben sposa la ferrea logica del testo, ma è la misura
fra gli interpreti a far esplodere il dolore e la dipendenza che uniscono i due
protagonisti. Giuliana Lojodice, dopo la bella prova di Copenhaghen di Mickael
Frayn per la regia di Mauro Avogadro, in Danza macabra conferma questa nuova linea
di recitazione capace di ferocia: è una Alice confinata nelle sue vendette
e nel suo sordo rancore, e la durezza che attribuisce al personaggio riesce a
contaminare di gelo l'intero spettacolo, fino al culmine nel quale, sciolti i
lunghi capelli e dimenticata la compostezza, abbandona Alice a una sensualità
vampiresca. Roberto Herlitzka è un Capitano immerso nei suoi raggiri come
un giocatore che inventi un mondo. Si diverte, ogni volta che riesce a centrare
una stoccata, e danza, canta, salta sulla scena come inebriato dei suoi misfatti.
Esulta del male. Gode del malvagio. Ride con innocenza dei suoi perfidi successi.
Colleziona infamie e scherni feroci con la soddisfazione di chi ha eretto l'inferno
a destino. Questa tonalità esultante è molto felice, e gli permette
momenti nei quali la leggerezza che distingue il suo modo di stare in scena rende
ancor più efferata la relazione che lo lega ad Alice, sfuggendo ad ogni
progetto distruttivo con i suoi involi e le sue disincarnazioni. Infine, il personaggio
di Kurt è assunto da Toni Bertorelli con lo stupore morboso di chi arriva
da una vita libera in un deserto densissimo, ed è modulato dalla seduzione,
alla quale cede nonostante squarci di sagacia subito messi a tacere dai due complici.
Kurt si aggira in questa camera delle torture felicemente inadatto, e Bertorelli
riesce a dargli la goffaggine di chi conosce il sole, la quiete e la natura, e
viene irresistibilmente attratto dal gorgo nero dei due artefici. L'Unità,
19.2.2002 <
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