GIOIA COSTA ARTICOLI GIUSTINO DURANO: LA FACCIA SOLARE DELLA LUNA


Durano, la faccia solare della luna
Con la morte di Giustino Durano si chiude una bella pagina del teatro italiano, ricca di idee, di talento e di grazia. Il suo modo di essere in scena ricordava quella leggerezza che permette di volare che Italo Calvino aveva definito così bene: non la piuma in balia dei venti ma l’uccello sicuro della sua direzione. E una direzione la ha segnata, in cinquanta anni di presenza nel mondo dello spettacolo. Ha conosciuto il successo agli inizi e alla fine della sua lunga carriera, disegnando una bella parabola che è durata mezzo secolo. Con la sua scomparsa, avvenuta ieri a Bologna, è un volto alto dell’Italia che va via, e non molti sono i nostri portavoce all’estero dotati dello stesso stile e della stessa raffinatezza. Basta ricordare un episodio di alcuni anni fa: il 12 febbraio del 1985 si diede per errore pubblica notizia della sua morte, e fu lui stesso a smentirla. Citando Marc Twain disse che, se non falsa, la notizia era “certamente prematura”. Iniziò giovanissimo con alcune trasmissioni radiofoniche per le forze armate, ma il suo primo spettacolo è passato alla storia del teatro italiano: era la stagione 1952-1953, quando alcuni artisti si unirono per disegnare una nuova forma di rivista. Si chiamavano Dario Fo, Giustino Durano, Franco Parenti, Jacques Lecoq e Fiorenzo Carpi. Scrissero, diressero e musicarono Il dito nell’occhio. Uno spettacolo che segnò un punto di rottura nel campo della rivista tradizionale, nel quale la satira, la politica e la vis polemica arrivarono in scena con una forza che cambiò uno stile. “Mettere il dito nell’occhio della realtà, rovesciando gli schemi con i quali la si era finora commentata”, era la dichiarazione di intenti del programma di sala. Ebbe un tale successo che, nella stagione seguente, gli stessi artisti continuarono l’avventura con Sani da legare, un’altra rivista di satira politica che sugellò il rinnovamento dello stile e del linguaggio di questo genere di spettacolo, rendendolo una forma colta ed impegnata di polemica sociale, cui la critica rispose con grande attenzione.
Dopo questa esperienza, Giustino Durano creò, con Flavia Midini e Franca Gandolfi, Il carattere cubitale e, subito dopo, Carta straccia sempre con Franca Gandolfi. Ha poi lavorato con Peppino De Filippo, Nico Conti, Gino Bramieri e Raimondo Vianello, ma non si possono dimenticare due spettacoli diretti da Giorgio Strehler, Il mostro Lusitano di Peter Weiss del 1969 e Joachim Murieta Di Pablo Neruda del 1970.
Dario Fo, nel rendergli omaggio, lo ricorda come “un grandissimo attore poliedrico e di altissimo livello”, e racconta il loro esordio insieme dicendo: “ho passato la mia giovinezza con lui e con lui sono cresciuto artisticamente. Aveva un talento versatile e una voce bellissima”.
Non ha mai abbandonato il teatro, eppure Giustino Durano ha lavorato spesso in televisione, alla radio e nel cinema, come autore e come attore, iniziando con Lo svitato di Carlo Lizzani nel 1955 e divenendo poi uno dei volti più amabili della commedia italiana. Fra le sue interpretazioni cinematografiche ricordiamo La fortuna di essere donna di Alessandro Blasetti, ma anche un’esperienza con Mario Mattoli, Tipi da spiaggia del 1959, Mario Costa, Gordon il pirata nero del 1961 e nello stesso anno La signorina miliardo di Paul May. Nel 1966 interpretò per la regia di Vittorio De Sica Caccia alla volpe, seguito poi da I due sanculotti diretto da Giorgio Simonelli nel 1966 e da due film con Guido Malatesta, Come rubare un quintale di diamanti in Russia del 1967 e Samoa, la regina della jungla del 1968. Nel 1975, con Isa Danieli, ha poi interpretato Salvo d’acquisto di Romolo Guerrieri.
Elelgante, garbato, finissimo attore, ha segnato alcuni personaggi del teatro con la sua interpretazione, come il Sampognetta di Questa sera si recita a soggetto diretto da Giuseppe Patroni Griffi nel 1995, cui ha dato uno stile che resta nella memoria di tutti coloro che lo hanno visto. Nel 1997 era in La vita è bella di Roberto Benigni, dove la sua figura, surreale e lievissima, ha connotato tutti gli incontri con il protagonista Roberto Benigni, del quale era uno zio memorabile che gli è valso un nastro d’argento. Nel 1998 è stato il vecchio Anselmo nel Barbiere di Siviglia e, nel 2000 è stato coprotagonista in Fate un bel sorriso di Anna Di Francisca mentre lo scorso anno ha nuovamente recitato in una commedia diretta da Franco Amurri, Amici Ahrarara. Il suo ultimo film per la televisione è stato La crociera diretto da Enrico Oldoini nel 2001.
“La sua vita è un atto d’amore per lo spettacolo”, ha dichiarato oggi Walter Veltroni, definendo la sua presenza nel mondo dello spettacolo “una lezione di sobrietà e di stile”. Una lezione che non sarà dimenticata, e che speriamo possa essere raccolta e continuata per non cancellare un’immagine elegante e colta dell’Italia che lui ha contribuito a disegnare e della quale il nostro paese ha da sempre bisogno.
I funerali si svolgeranno mercoledì 20 febbraio a Brindisi, nella chiesa di San Benedetto.

L'Unità, 19.2.2002

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