GIOIA
COSTA VALERE NOVARINA LETTRE POUR
MAURIZIO GRANDE
Parigi,
giovedì 27 novembre. Cara Gioia, ecco un breve testo, che
desidero offrire a Maurizio Grande: con la lettura, qualche minuto, bruciatelo
in sua memoria
Sarà la mia offerta per questo 30 novembre nel quale
tanto vorrei essere con voi e nel quale voglio dire che amico sia stato Maurizio
per me
Oggi vorrei poter testimoniare quello che Maurizio mi ha dato: molte
delle sue domande - poste a volte come un nulla e ridendo - continuano ad aprirmi
e lavorano ancora oggi in me. Non si incontra spesso unintelligenza così
aperta, combattiva e plurale; amavo anche il suo fuoco, la sua violenza nei dibattiti,
nei combattimenti dello spirito. Il piccolo testo che scrivo adesso e che si chiamerà
Il dibattito o Il combattimento con lo spazio, lo dedicherò a Maurizio.
Ne isolo questo paragrafo sulla lettura, la scrittura, la parola - su questo
perpetuo incontro che si produce, a teatro e nella nostra testa, fra lo spazio
e il pensiero. Per Maurizio Grande Chiamare parola la
scrittura e scrittura la parola: esse scrivono nellaria, parlano nella testa,
disegnano con la voce, respirano senza rumore. Nel teatro della lettura la parola
e la scrittura sono ununica cosa. Come lattore, il lettore presta
il suo respiro a lettere morte; dà corpo, dà la vita e la morte
della sua respirazione, avanza con colui che scriveva in una foresta e in una
separazione di parole: è una scena violenta e invisibile, che avviene nel
raccoglimento. La parola è linatteso nella testa: muore continuamente
e rinasce, mima di avere un corpo, desidera e brucia; proiettata in avanti e ripetuta
ogni volta, essa respira, inventa che il mondo sia stato trovato respirando.
La scrittura conduce a ciò che è. Non recita, non riassume, non
rende conto, non segue nulla; è davanti, va davanti a se stessa, agisce,
è un verbo: cammina, fa apparire lo spazio nel quale avanza, mostra come
lo spazio sia nato parlato. Il linguaggio non è una realtà immateriale
e al di sopra del mondo, aggiunto alla materia, una testimonianza sulluniverso
e il modo che alcuni animali hanno trovato per parlarne; il mondo non ha atteso
noi, come bestie venute da quaggiù, in tal giorno, per aggiungere il linguaggio
alla creazione: il mondo è parlato dalla nascita. Il linguaggio è
dorigine. Non è qualcosa che avremmo guadagnato sulle bestie
a forza di evolvere, ma qualcosa che va più lontano di tutte le altre cose
perché si ricongiunge alla loro apparizione. La parola non nomina, chiama.
E un colpo di luce, un fulmine: le parole non evocano, tagliano, spaccano
la roccia. Il linguaggio non ha nulla da descrivere poiché esso inizia:
non cè nulla di più nascosto della materia di quanto non lo
sia il mistero verbale. Il mondo è un linguaggio, e la nostra parola
se ne ricorda. Sono domande che avrei voluto porre a Maurizio.
E le sue domande mi avrebbero aiutato nel dialogo con questo testo, anche se il
dialogo con Maurizio non è interrotto perché spero di imparare litaliano,
e di poter finalmente leggere in quella che avrebbe potuto essere la mia lingua
natale tutto ciò di cui abbiamo parlato in tante notti, ma spero anche
che i suoi libri saranno tradotti in francese, e così quel combattimento
dello spirito, animato dal suo fuoco e dalla sua risata, potrà continuare
al di sopra della morte. Valère Novarina per Gioia Costa, traduttrice
dei suoi testi. <
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