GIOIA
COSTA PREFAZIONI
LA MASCHERA DELLA LINGUA
Le
maschere della lingua Alcuni
autori possiedono una scrittura talmente connotata che ogni personaggio, ambiente,
carattere diventa uno specchio del loro mondo. Altri invece escono dalla loro
lingua per dipingere con le parole e la struttura situazioni ed esseri nati dalla
fantasia. Alain Badiou ha scritto un testo che appartiene a questo secondo genere:
una farsa in ventidue scene, tutte molto brevi, nella quale la lingua scorrendo
nella bocca dei diversi personaggi cambia ritmi, colori, caratteri. I personaggi
sono definiti dal linguaggio che ognuno di loro adotta come timbro vitale e che
rappresenta il suo speciale modo di essere al mondo. Cè chi è
padrone dei segreti della sintassi, come Ahmed che parla il francese con più
raffinatezza di coloro che lo possiedono per nascita e per cultura; chi, come
Moustache, ha un linguaggio grossolano quanto le sue idee, fatto di pennellate
pesanti e imprecise che vogliono imbiancare la Francia rispedendo a casa tutti
gli immigrazionati; chi è corrotto dal linguaggio della propria
categoria di appartenenza, come Madame Pompestan che, volendo conservare la sua
posizione di supposto potere, oscilla fra una lingua spontanea non priva di arroganze
e allusioni e il gergo politico più vuoto e impersonale; chi ancora è
farraginoso e disorientato dalle ideologie, come Rabarbaro, che auspica fratellanze,
giustizie e sodalizi onnicomprensivi con una confusione sintattica che riflette
la sua confusione mentale; chi, infine, è assolutamente inaddomesticabile,
come Fenda, la magnifica nera in bubu azzurro cielo ed oro, che nutre ogni sua
frase di immagini lussureggianti, uccelli esotici, piante del deserto, metafore
impreviste e acrobazie vittoriose: unico linguaggio libero, quello di Fenda, lunico
coraggioso e sincero, lunico capace di tenere testa alle acrobazie e al
virtuosismo di Ahmed. La presenza di personaggi così differenziati, ciascuno
dei quali possiede un diverso idioma, fa di Ahmed il filosofo un testo nel quale
la lingua ha un potere connotativo forte e un ruolo descrittivo determinante.
Questa piccola traversata delle lingue è, in realtà, una traversata
del testo: perché ogni lingua è aderente al corpo e alla mente del
suo personaggio, ne è lo specchio e lanima, il mistero e il destino.
Di tutti i personaggi lunico ad indossare una maschera è Ahmed. Conferma,
questa, che la maschera è ciò che rende possibile una grande libertà:
con il volto coperto, ma coperto da un volto, Ahmed è il meno mascherato
e il più mobile. A lui la libertà di dire, oltre che di parlare,
a lui il compito di smascherare tutte le coperture, a lui la possibilità
di capire, a lui, infine, loccasione di ritessere e capovolgere con le parole
le certezze di coloro che vivono nelle lingue pensate da altri. Ogni personaggio
aderisce al suo ruolo, che lo vincola ad una immagine e ad un contesto più
rigido di ogni maschera. Anche Fenda, che è lunica a pensare e a
leggere la realtà con la sua parola ricca di visioni, appartiene alle sue
fantasie dipinte con i colori dellAfrica. Alain Badiou, nel corso di
alcuni incontri organizzati da José Guinot ad Avignone dove Ahmed il filosofo
era ospite del Festival, ha detto che il suo desiderio era quello di scrivere
un testo molto chiaro: Come unequazione matematica. E chiarissima,
ma non è affatto semplice. Dallingresso di Ahmed, nella prima
scena, che dissertando sul suo non essere niente mette in luce arguzie ed abilità
nel depistare linterlocutore, al gran finale in cui tutti i
personaggi, per la prima volta insieme, compongono una orchestrazione densissima
cercando di spiegare che cosè la filosofia, nel corso di queste ventidue
scene Alain Badiou delinea, adottando di volta in volta i registri dei diversi
personaggi, limportanza del pensiero libero e la felicità dellespressione
esatta. La struttura del testo è molto chiara: ogni scena ha un tema che
è anche una occasione per discutere assiomi incontrovertibili della filosofia
(nel linguaggio Foucault, nel caso e la necessità
da Cournot a Monod, nel soggetto Cartesio) ed è lo spunto per
mettere a confronto il potere del pensiero libero con i grovigli del luogo comune.
Ahmed, signore del suo pensiero e padrone della sua lingua, capovolge ogni situazione,
confonde il suo interlocutore, mette a nudo gli automatismi e i vizi di forma
di chi tenta di accomodarsi in opinioni mal assimilate. Alain Badiou ha caricato
tutti i personaggi per renderli più evidenti e per far apparire con maggior
vigore la differenza fra chi vive in strutture altrui (grammaticali, politiche
o sociali) e chi non ha alcun bisogno di strutture perché vive nella propria
libertà. Il fascino di ogni traduzione consiste nelle sue difficoltà:
ogni autore ha parole elettive, consonanze, reti di associazioni, invisibili orditi
di memoria. Trasportare una lingua dal suo paese dorigine in una nuova terra
è sempre un gesto delicato, che richiede ascolto e discrezione. Tentare
di ricreare i diversi gerghi dei personaggi di Ahmed il filosofo, i loro luoghi
comuni, gli errori, le ingenuità, gli idealismi o le arroganze, è
stata una avventura piena di sorprese e di scoperte: ciascun personaggio è
realmente radicato nel proprio modo di esprimersi e assomiglia fisicamente al
suo linguaggio. Scivolare in questa rete di possibilità vitali, adottando
per ogni figura un differente spettro di parole, mantenendone i timbri ed il carattere
è stata una affascinante traversata fra le lingue, una affascinante scommessa
con la propria. In Alain Badiou, Ahmed il filosofo, Costa &Nolan,
Milano 1996. <
indietro
|