LADA 95 : Symposium
sabato 4 novembre, pomeriggio e sera
Rimini, sala Ressi
Il testo che segue è la trascrizione completa degli interventi al simposio conservando quindi le pause e le sospensioni del discorso.
Presentazione del programma di Lada 95 da parte di Roberto Paci Dalò.
Pino Saulo : [...] Una delle questioni fondamentali che un'esperienza come quella di Horizontal Radio può aver sollevato, è quella su chi possiede e chi gestisce i mezzi di produzione. Da un punto di vista radiofonico il mezzo di produzione è evidentemente la radio, cioè tutto quanto il suo complesso, il fatto di poter andare in onda, quindi chi possiede o non possiede le frequenze, le frequenze che vengono messe in discussione o vengono coperte - ad es. a Roma, Radio Onda Rossa avrebbe una frequenza che però è perennemente occupata dal Vaticano e il ministero delle Poste e Telecomunicazioni promette soluzioni che non arrivano mai - , chi possiede dei trasmettitori adatti a mandare un segnale, chi possiede quel tanto di denaro, di intelligenza certo, ma anche quel tanto di denaro che gli consente di mettere in piedi certe produzioni. In questo caso, nel caso di Horizontal Radio, l'intervento da parte di radio ufficiali, di radio di stato, radio nazionali, ha consentito quando lo si è voluto, nel nostro caso lo abbiamo voluto e ricercato ed è stato anzi il punto fondamentale della nostra stessa operazione, abbiamo cercato di rendere possibile l'accesso a delle situazioni che di solito hanno minor accesso o nullo nei grandi canali dell'informazione, e situazioni che erano completamente autogestite; il Link di Bologna in questo senso esemplarmente, ha visto lavorare insieme [...] artisti che hanno costruito delle cose che noi ovviamente abbiamo mandato in onda senza alcuna censura preventiva. Dico questo nel caso specifico perché ad esempio Luther Blisset che interveniva da Radio K Centrale nel loro spazio che è durato 10/15 minuti hanno inserito anche una critica più o meno fondata che comunque ha avuto diritto di rappresentazione, su Horizontal Radio stesso, ossia su che cosa è poi quello che viene dato in ascolto. E qui si apre una questione fondamentale: chi decide che cosa mandare fuori all'ascolto.
Pinotto Fava: [...] In realtà è inevitabile proprio per chi fa pratica di radio ma in genere chiunque faccia pratica di progetto, di organizzazione, di realizzazione, di emissione, di diffusione, di sviluppi di altri usi possibili, è inevitabile fare la teoria. La teoria allo stato puro è inutile, la pura pratica che prescinde dalla teoria, non è destinata a grandi risultati. Sta di fatto che noi usiamo partire dalla pratica e su questo costruire la teoria. [...] È veramente difficile da parte di chi gestisce, immaginare che altre persone considerate disomogenee entrino nella produzione, ma questo riguarda anche per dire la posizione di Audiobox, una posizione disomogenea rispetto ad una gestione degli strumenti di produzione e dei canali di diffusione che dicevamo.
Pino Saulo:[...] Una radio di ricerca e che quindi per definizione è sperimentale, dovrebbe essere sperimentale nel vero senso della parola ovvero dovrebbe sperimentare cioè dovrebbe non sapere dove va a finire. Questo è il senso della sperimentazione : non ho un'ideologia a priori a cui poi corrisponde un prodotto che do, ma faccio una cosa che nella sua stessa erranza mi dovrà dare un'indicazione, un risultato forse, ma comunque una tendenza, sicuramente. L'artisticità per così dire in cui certe volte si auto-relega la radio di ricerca non le fa assolutamente bene quando piuttosto il discorso sarebbe di aprirsi alla comunicazione sociale, in senso più vasto e più generale, ad una pluralità di linguaggi ma soprattutto ancora una volta proprio per essere sperimentali, a una pluralità di scarti, di derive, di margini, di spazi bianchi, di spazi di silenzio, cioè a tutto il non detto a tutto quello che sta a margine e che però si pone come essenziale nella lettura di qualcosa.
Pinotto Fava [...] Introduce Enrico Giardino, ingegnere della Rai, responsabile della progettazione tecnica del network mediterraneo di Horizontal Radio.
Enrico Giardino: Io vorrei porre la questione di che cosa ha significato per me l'esperienza di Horizontal Radio, che cosa significa, perchè io mi sento anche un po' un ingegnere della comunicazione e guardo agli aspetti strutturali. Penso che occorra chiedersi se queste sperimentazioni possano esistere in un universo che è tutto connotato da un forte grado di commercializzazione, in cui la comunicazione viene considerata come merce, molto verticalizzata, in cui tutta una serie di funzioni comunicative, che non sono solo artistiche ma sono funzioni sociali, educative, di conoscenza, vengono escluse dal sistema e anzi strumentalizzate da pochi personaggi contro gli interessi stessi della società. Quindi si tratta di coniugare, o di rappresentare, o di difendere, di tutelare, espandere, quelli che sono i diritti comunicativi attivi e passivi delle persone e tutte le forme della comunicazione. Horizontal Radio è stata prima di tutto una modalità integrata di comunicazione a scala internazionale, esattamente come la modalità della rete internet ci consente di pensare. Una modalità molto semplice nei costi, organizzativamente complessa soltanto perchè gli attuali radiodiffusori sono portati a pensare per segmenti, cioè la Rai stessa funziona sulla radiofonia e basta, nemmeno come radio dati, non sono associati i dati all'audio eppure questo è possibile farlo tecnicamente: in Inghilterra questo è stato fatto negli anni scorsi; la BBC lo ha fatto con la Open University per esempio. Associando la trasmissione radiofonica, i messaggi, i dati, e consentendo così, a distanza, di recuperare senza spedire più i materiali scritti ai discenti e quindi di apprendere a distanza con bassissimi costi. Quindi è una modalità trasversale, interdisciplinare, intersettoriale, che consente di collegare utenti diversi ovunque ubicati; ecco qui un altro degli aspetti di Horizontal Radio, non è necessario pensare a posti fisici, a broadcaster, a sedi televisive, perché ciascun utente anche attraverso il telefono, il telefono digitale, attraverso reti ISDN che sono possibili ovunque, attraverso la linea telefonica dedicata, può essere raggiunto ed essere nello stesso momento fonte e ricettore di messaggi. E questo è un altro degli aspetti strutturali, decisivi, di questa esperienza. Quindi ci sono condizioni politiche a monte, perchè queste esperienze e queste finalità possano trovare spazio all'interno di un sistema che è agiotato da grossi gruppi, grossi trust commerciali; ci sono condizioni strutturali che vengono indicate da questo esperimento, a scala internazionale ma anche a scala locale, non dimenticherei che all'interno oltre ai radiodiffusori c'erano anche radio non commerciali. Io stesso sono fondatore in Italia: dal 1990 opera un Forum di Diritti Comunicativi, che tutela non solo le funzioni e i ruoli del servizio pubblico che è decisivo all'interno di questo, ma delle radio, per rimanere alle radio, ma posso dire delle emittenti o delle testate, non commerciali, che appunto sono portate anche a fare cultura, a fare una comunicazione sociale, a sperimentare, come Audiobox fa da anni con sempre maggiori difficoltà perchè i processi vanno appunto in senso opposto a questo tipo di libertà espressiva e comunicativa; c'è poi l'aspetto del digitale. Il trend della comunicazione è quello di divenire digitale, cioè di dare un'integrazione completa tra l'informatica, la telematica nata in ambiente diverso, e la radiofonia in senso tale. La radiofonia, già oggi è possibile, può essere integrata perfettamente con reti telematiche, con bassi costi e in modo abbastanza semplice tant'è che i suoni sono ricevibili o trasmettibili su internet proprio perchè il canale di comunicazione dell'audio radiofonico èÊmolto più stretto di quello televisivo, con una banda molto inferiore e con costi molto inferiori. E la radio anticipa anche in questo la televisione: non esistono in questo momento ne'in Italia ne'nel mondo, esperienze di combinazione tra televisione e telematica spinti a questo livello come è stato Horizontal Radio con internet, proprio perchè il mezzo radiofonico essendo più semplice, più duttile e più avanzato [...] si dimostra uno strumento in linea con le esigenze moderne dell'integrazione dei messaggi audio dati anche a basso costo. C'è stato in tutta questa esperienza un grande entusiasmo degli operatori i quali non erano abituati a lavorare in questo modo: l'audio per la radiofonia veniva concepito fin'ora come un sottoprodotto della televisione, cioè fare un collegamento fisso o mobile in Rai significava utilizzare l'audio della televisione senza lÕutilizzo del video. Noi abbiamo saltato questo tipo di approccio andando invece a delle reti molto più semplici ( ISDN ) utilizzando dei collegamenti specifici ad hoc che costano un centesimo rispetto a quelli televisivi, oltre alle complicazioni che gli ultimi comportano. Quindi ci sono tutta una serie di elementi che a me sembra che in questa esperienza vengano avanti, che indicano una tendenza molto precisa che è dell'oggi. Non esiste una rete intercontinentale da satellite, c'è un progetto in questo momento che si chiama WTV che è un progetto che riguarda la televisione, di televisione globale ad accesso per gli operatori indipendenti ma non esiste l'equivalente per la radio. Noi non abbiamo usato [...] strumenti come per esempio la radiofonia in onda corta nella stessa Horizontal Radio o dei satelliti, sia di quelli di diffusione che di collegamento, che ci avrebbero consentito di dare al messaggio una copertura intercontinentale, con costi molto bassi. Perchè ad esempio i meccanismi delle onde corte usate per l'estero da decenni, consentono di raggiungere sebbene con una qualità inferiore, siti posti agli antipodi della terra.
Pinotto Fava: Si può aggiungere che per Horizontal Radio è stato sperimentato, per esempio dalla Radio Russa di Ostankino che si è collegata anche con l'Africa settentrionale, utilizzando proprio il vecchio e sempre vigorosissimo sistema delle onde corte. Una cosa da dire è che esistono sistemi di controllo fuori dalla comunicazione gestita dagli enti radio televisivi, sistemi di controllo delle nuove tecnologie, e che le nuove tecnologie vengono spesso applicate a scopi di guerra, il maggiore campo di sperimentazione è questo. La cosa singolare è che esiste il controllo, non esiste il controllo del controllo, cioè la possibilità da parte democratica di vedere che uso fare di questo e di come respingere lÕuso di controllo - appunto.
Enrico Giardino: Per concludere sulle funzioni, che io ritrovavo tutte molto nuove e molto moderne, riguardano ancora: il discorso della diretta - che sta diventando una modalità sempre più obsoleta all'interno della comunicazione sia locale, nazionale o intercontinentale - e le possibili modalità di fruizione [...] . Queste che ho indicato mi sembrano le principali funzioni che io ritrovo all'interno (n.d.r. di Horizontal Radio) oltre a quello di concepire che le stesse strutture, sia istituzionali sia apparati di produzione, distribuzione, diffusione, sono obsolete rispetto a questo tipo di intersettorialità dei media che collegano almeno due o tre segmenti che fin'ora sono istituzionalmente separati, organizzativamente altri, e questa è una delle forme che dà delle indicazioni alla politica, alla ingegneria istituzionale. [...]
Pinotto Fava: Quindi, in sintesi, si giocava tra molte persone, in molti luoghi del mondo, un gioco complesso, divertente, unificato e reso possibile non solo dall'interagire di strumenti, di modi, di media, di supporti, ma anche dal fatto del tempo reale, cioè che tutto avveniva in quel momento. [...]
Heidi Grundmann: vorrei fornire all'inizio alcune statistiche a proposito di Horizontal Radio, che è stato un evento del tutto inusuale, premettendo che le statistiche non sono ancora complete poichè non sappiamo ancora quanti sono stati coloro che da tutto il mondo vi hanno partecipato, anche come pubblico, e probabilmente questo non lo sapremo mai. E questa è una delle caratteristiche di questo tipo di arte. Tutto il progetto prevedeva una trasmissione ininterrotta di 24 ore, quindi dalle ore 12.00 del 22, alle ore 12.00 del 23 giugno 1995, hanno partecipato circa 20 stazioni radiofoniche ma diverse di queste hanno usato più canali. La cosa interessante di questo progetto è che è stato iniziato da enti radiofonici nazionali ma durante il suo sviluppo a questi si sono aggiunte molte stazioni indipendenti, specialmente qui in Italia ma anche in Canada, e alcune stazioni pirata. Dall'inizio tutto il progetto prevedeva il suo svolgimento non solo via radio ma anche via internet, durante l'evento abbiamo avuto la partecipazione di 7 server, quindi di 7 fornitori di accesso internet, uno di questi era un server RealAudio, RealAudio è un software che permette di ascoltare, collegandosi ad internet, in tempo reale, quindi senza raccogliere tutte le informazioni sull'hard disk evitando il tempo d'attesa, bensì consentendo l'ascolto immediato al momento del click. Abbiamo pensato che il progetto avrebbe dovuto concludersi alle ore 12.00 in base all'orario dell'europa centrale, ma in realtà non andò così. Perchè all'interno di Horizontal Radio si svilupparono dei sottoprogetti che tutt'ora sono in corso su internet, ed è stato anche organizzato un progetto alla Fiera del Libro di Francoforte. Ci sono stazioni radio che stanno tutt'ora mandando in onda delle parti di Horizontal Radio, tra le altre la WDR di Colonia, che non ha partecipato al progetto live; inoltre il 28 di dicembre 1995 la ORF presenterà un altro evento radiofonico live che conclude uno dei sottoprogetti che si sono sviluppati a partire da Horizontal Radio, in Austria. [...]. I due luoghi fisicamente coinvolti in Austria nel progetti Horizontal Radio sono stati Innsbruck e Linz, con i rispettivi studi radiofonici regionali. Da Innsbruck c'era la partecipazione dell'Ensemble di Nuova Musica del Tirolo - con strumenti tradizionali - dando vita ad una performance inusuale, rimanendo negli studi dell'ORF per 24 ore con il pubblico che andava e veniva. A ogni ora l'Ensemble presentava un concerto breve; queste composizioni erano il frutto del montaggio di materiali diversi giunti loro via fax e internet. Si è trattato quindi di una gigantesca composizione in tempo reale. Proprio a partire da questi materiali, il 28 dicembre lo stesso Ensemble realizzerà la versione radiofonica definitiva. Questo progetto di Innsbruck mostra come delle forme d'arte più " tradizionali " possano utilizzare nuove tecnologie e quindi integrarsi in un progetto che vede nell'uso artistico dei media, la sua ragione d'essere.
Pino Saulo introduce Gabriele Frasca, conduttore radiofonico di Audiobox all'epoca della diretta napoletana, poeta, dantista, appassionato musicologo.
Gabriele Frasca: Sembrerebbe un'elezione solitaria quella di scrivere versi e probabilmente è un'elazione solitaria quella di andare in onda via radio. Nella seconda occasione in cui mi è stato dato di seguire la diretta Audiobox, dal momento che c'era stata una piccola decurtazione, c'era meno tempo, meno possibilità di invitare ospiti, talvolta mi sono trovato da solo nello studio, a parlare non si sa a chi, e a sentire le voci - perchè ero in cuffia naturalmente - dei tecnici. Un'esperienza da psicotico. E un'esperienza da psicotico di sicuro la radiofonia in qualche modo lo è. Quando nel 1893, cioè un secolo fa, il presidente di corte d'appello di Dresda, Daniel Paul Schreber, venne internato per un crollo nervoso, cominciò innanzitutto a sentire voci, le prime esperienze che ebbe furono allucinazioni - vedete come siamo abituati a muoverci con gli occhi - acustiche. [...] La allucinazione acustica più ricorrente non era quella di sentire delle voci che lo perseguitavano in vario modo [...], quanto piuttosto una voce che continuamente gli ripeteva " perchè lei non lo dice ", e lui era coatto a dire a voce molto alta " ad alta voce " e aggiungeva " perché sono stupido ". Cioè la coazione di Schreber era quella di sentire una voce che gli chiedeva di dichiarare ad alta voce la sua impossibilità di dire le cose ad alta voce perchè era stupido. Questo riferirimento a Schreber non appaia paradossale perchè malgrado egli si sia meritato delle analisi molto attente, - di lui si sono occupati Jung, Freud, Lacan, Canetti - una cosa è mancata probabilmente nelle analisi su di lui: la constatazione che Schreber è l'uomo nuovo. Egli è esattamente colui il quale per primo denuncia nella sua psicosi, un'esperienza che in quell'epoca, cominciavano a provare e sentire tutti gli esseri umani, innanzitutto l'ubiquità, quello che Valery definisce il trionfo dell'ubiquità, e dall'altra parte la possibilità di essere dappertutto e di sentire il dappertutto attraverso l'elettricità. In una delle coazioni a ripetere di Schreber, egli annota che queste voci insistono perchè lui possa pensare intensamente all'elettricità, e tutte le persone che egli ha accanto, cominciano a dire " elettrico ". Nel delirio di Schreber, egli immagina che tutto il mondo è nervi e che anche dio èÊnervi e che la comunicazione avviene attraverso i raggi. Questa attenzione all'uomo nuovo che è tutto sommato Schreber, la si deve proprio a quella grande innovazione che avviene con l'ingresso dei media elettrici, i quali sono tutti basati sul modo di portare in un altro luogo, un luogo che non si sa bene quale sia, la voce. L'esperienza fondamentale che cambia il modo di percepire degli esseri umani è la telefonia, [...] Che è qualcosa che sconvolge, trasforma e radicalizza. C'è un bellissimo studio di Stephan Kern proprio su quanto ha contribuito il trasporto del suono alla modificazione non soltanto di quelli che sono i riferimenti culturali della nostra vita, a partire dalla fisica teorica, ma anche a quelli che sono stati i grandi eventi di certi anni. Addirittura Stephan Kern rilegge tutta la prima guerra mondiale con la telefonia e c'è sicuramente uno dei capitoli più interessanti del suo libro, che è proprio dedicato alla crisi del luglio del '14, quando le varie nazioni in crisi si comunicavano con la rapidità violenta del telefono e dove gli ultimatum scadevano per la prima volta nel giro di pochissime ore [...]. Tutto questo è molto importante perchè una certa vulgata, nella quale tutto sommato siamo immersi, vuole che il nostro secolo, l'avvento dei media elettrici abbia trasformato questa società in una società delle immagini. Non c'è società che ha rinunciato maggiormente alle immagini della nostra: la nostra è una società basata essenzialmente sull'ascolto e sulla arte dell'ascolto. [...] Marshall Mc.Luhan ha ribadito più di una volta che con l'avvento dei media elettrici crolla lo spazio visivo organizzato alfabeticamente e si manifesta una sorta di spazio acustico che lui definisce post-euclideo, che è appunto basato su i media elettrici, anche la televisione viene percepita in maniera acustica [...], l'astrazione che è dovuta alla cultura dell'occhio, [...] con l'avvento dei media elettrici scompare e ritorniamo in una situazione " tribale ". Anche quando Mc. Luhan parla di villaggio globale, egli intende che l'esperienza della percezione è diventata tribale. Un brulichio quasi rissoso, tant'è vero che Mc.Luhan riesce quasi a spiegarsi in questo anche la rissosità etnica, che sembrerebbe contraddire in qualche modo le aperture infinite dei media elettrici che sembrerebbero mettere in contatto tutto il mondo; nello stesso momento in cui mettono in contatto tutto il mondo, lo rendono così tanto affollato da riproporre l'angoscia darwiniana per la sovrappopolazione maltusiana [...]. L'esperienza di Horizontal Radio da questo punto di vista è un'esperienza formidabile, innanzitutto perchè chiunque si è trovato all'interno di questa storia non aveva assolutamente presente il prodotto finito, nè come sarebbe finito il prodotto. La ricezione del prodotto, il luogo in cui questo prodotto si sarebbe manifestato, era decisamente altrove ed ognuno di quelli coinvolti non aveva l'idea di dove avveniva questo prodotto.[...]. Il modo comunque ideale di percepire Horizontal Radio era quello di stare dall'altra parte, dalla parte dell'ascoltatore. Per chi Horizontal Radio lo ha agito, c'è stata l'esperienza di trasformarsi in niente e nessuno, [...] l'impressione di perdita perfino dell'ultima cosa che era rimasta del mio fisico, vale a dire la voce. Io credo che quello che il digitale prospetta da questo punto di vista è straordinario, ossia prospetta la prima autentica risposta al delirio persecutorio di Schreber. Cioè il digitale offre la possibilità di non chiedersi più perchè non le si dice ad alta voce quelle cose, perchè c'è la possibilità di dirle ad alta voce. La possibilità di interazione che avviene appunto attraverso la radio digitale (n.d.r. in riferimento a Radio Lada) è la promessa di un medio che non è solamente passivo, ricevuto, ma che trasforma ogni ascoltatore [...] in un' " antenna della razza " messo in sintonia con la trasformazione dei mezzi tecnici. [...].
Paolo Rosa: Nelle considerazioni che mi hanno preceduto ci sono dei punti che non riguardano solamente il problema della radiofonia ma più in generale il problema dell'arte. Io posso parlare più da questo punto di vista nel senso che mi occupo con Studio Azzurro di quell'area di ricerca che affonda i propri interessi in questi nuovi linguaggi legati alla tecnologia. E sono anche reduce da un convegno che c'è stato a Torino sabato scorso all'interno di Ars Lab, in cui le questioni che ci si ponevano erano come è cambiata la figura dell'artista, come è cambiato il modo di produrre e di fruire l'opera d'arte attraverso queste tecnologie. Questa mutazione che è una mutazione che colpisce profondamente non un settore, non una disciplina, ma è un vento che spazza via codici, paradigmi e toglie gli specifici. Così come l'artista diventa organizzatore e produttore di sè stesso e non solo, questo è particolarmente vero per l'Italia dove la parte istituzionale non ha mai favorito questo tipo di ricerca. Il senso dell'opera d'arte oggi, è quello di produrre un'opera che abbia un momento di interazione con le persone, credo che questo rapporto interattivo sia fondamentale, sia assolutamente necessario, non si può più concepire un'opera come un dogma, come una dichiarazione, come un'affermazione, bisogna forse concepire un'opera come un'innesco, come un processo, come una domanda, che deve essere poi trasferita, mutata. Non ci può più essere una figura dell'artista come l'abbiamo conosciuta, - e questo lo diceva molto bene Bholze che è un filosofo dell'università di Essen - ci stiamo inoltrando in un processo di medioevalizzazione della figura dell'artista dove egli non ha più questa funzione centrale ma viene quasi in secondo piano, così come - diceva - avviene in campo scientifico. Non è necessaria la centralità della figura dell'artista come mitizzazione, quanto piuttosto la centralità del lavoro. Il produrre artistico diventa così sempre meno un produrre estetica e sempre più un produrre sperimentazioni di carattere sociale, questo è lo straordinario che stiamo vivendo. Con l'utilizzo di queste tecnologie che vanno dal video ad internet, la trasformazione dell'opera accade in quanto l'opera è un'opera tendenzialmente aperta, quindi stabilisce subito delle relazioni; la figura dell'artista e dell'opera stessa non sono più declamatorie ma sono problematiche; si utilizzano strumenti che comunque devono essere capiti in tutto il loro ruolo e la loro importanza sociale.[...] L'urgenza di oggi è quella di cogliere l'aspetto sociale di questi linguaggi e c'è in questa urgenza che raccogliamo, proprio perchè abbiamo percepito la loro potenza, la loro dirompenza, il ritrovare la centralità, questa volta sì, ritrovare la condizione del fare arte attraverso questi linguaggi. [...]
Daniele Martino: il mio tipo di lavoro non si nutre di tecnologie avanzate ne' nel campo dell'audio, ne' nel campo del video. Io ho lavorato come coduttore alla Rai nelle due ere precedenti; quello che io volevo fare, era un tipo di radio che portasse al centro la comunicazione della parola. Il mio mestiere è la parola scritta ma una delle prime sofferenze in quanto poeta di parola scritta, è quella di non riuscire a far ascoltare sonoramente la mia parola e di non riuscire mai a trasformare il mio lettore in ascoltatore della parola poetica. Io ho lavorato nella rete generalista popolare che era Radio 2, riuscendo a fare nel sabato pomeriggio un programma che, all'interno di un contenitore potabile da un pubblico più largo quindi con una serie di formule standard - molta musica, inserti di intrattenimento teatrale -, riusciva a far passare delle conversazioni con poeti o con artisti particolari [...]. Quest'estate ho fatto un programma alla Radio Svizzera, ho fatto un programma di questo tipo: ho avuto ospiti poeti tra l'altro Gabriele Frasca e Isabella Bordoni, ed era un programma che andava nella fascia notturna, cioè dopo le 23. Io ritengo che la radio sia uno straordinario mezzo caldo dove la parola poetica o parola comunque poetizzata, ha bisogno che intorno a sè non ci sia più nulla. Rispetto quindi all'avanguardia che lavora per sperimentare nuovi linguaggi, io mi sento piuttosto nel ruolo di chi tenta di comunicare a chi stà molto indietro cioè il cosidetto pubblico. [...].Uno dei miei miti è la talk radio americana, il potenziale massimo è quello in cui la parola che esce dal microfono possa ritornare ai microfoni attraverso il telefono con meno filtri possibili. Uno dei modelli immaginati è dunque una radio notturna che opera nell'oscurità che si illumina della luminosità emotiva della singola parola e che trova una comunicazione. [...]
Roberto Paci Dalò: Come diceva Heidi Grundmann, è impossibile definire questo progetto magmatico che è stato Horizontal Radio, con le 170 ore e più di registrazione, quello che vi proponiamo non è che un frammento di immagini video tra quelle realizzate a Bologna dalla redazione video del Link. L'Italia ha partecipato in maniera rilevante al progetto complessivo costituendo un network Mediterraneo con Grecia, Israele. In italia si sono individuati inoltre dei luoghi di performance concependo delle vere e proprie nottate, alle quali ha partecipato il pubblico in sala. Mentre a Napoli il tutto si è svolto all' Auditorium della Rai, un luogo istituzionale e anche abbastanza inavvicinabile fino ad ora, a Bologna tutto si è svolto al Link. Il Link è uno spazio autogestito, un centro culturale che esiste già da qualche anno.
Antonella Bottini: Uno spazio che è stato concesso dal comune dopo che è stata disoccupata l'Isola nel cantiere, che era un centro sociale nel centro di Bologna [...] Il comune ha concesso questo spazio delle ex farmacie comunali, uno spazio molto grande e molto bello pieno di potenzialità, ancora ci sono delle sale da aprire e molte cose da fare, che già marcia a pieno ritmo da un paio d'anni con concerti, programmazione teatrale, convegni, cinema. Era questo il luogo deputato all'incontro con Horizontal Radio da Bologna. Per quanto riguarda l'esperienza bolognese, è stato interessante il fatto che sono state coinvolte tutte le realtà in movimento artisticamente a Bologna negli ultimi anni, più le radio private. Quello che da tempo si cerca di fare con alcune radio private a Bologna, è la costituzione di una rete radiofonica, risale già all'88 l'esperimento che Audiobox - lo spazio di sperimentazione della Rai - fece con un'emittente privata bolognese che era Radio Città. Si creò un contatto di questo tipo: Radio Città organizzava 10 minuti di programmazione legata alla redazione della radio, l'inviava alla Rai, a Roma, e un giorno a settimana la Rai lo ritrasmetteva all'interno di Audiobox Diretta. In quel giorno in cui andava in onda da Roma questa trasmissione, Radio Città da Bologna si sintonizzava sul segnale della Rai e ritrasmetteva sia Audiobox, che il loro stesso contributo che vi era contenuto. Già nasce da lì questo tentativo di estendere la rete, [...]. A Horizontal Radio sono intervenute le tre radio di Bologna: Radio Città del Capo, Radio Città 103, Radio K Centrale.
Roberto Paci Dalò: La cosa che ha funzionato all'interno del progetto nella sua parte italiana, è stata la collaborazione effettiva tra network indipendente e Rai, incontrandosi in uno spazio altro, mediano. Questo ha obbligato, io credo, il network indipendente, a lavorare in una maniera un po' diversa rispetto al solito. Il network indipendente progressista lavora moltissimo sulle news, sulla musica, però mi sembra meno coinvolto - a parte il caso prima citato - in esperimenti di questo tipo. Questo è stato un tassello di un qualcosa che noi speriamo si possa approfondire. (Antonella Bottini cita il network radiofonico che esiste ora: Radio Futura di Roma, alcune radio di Bologna, Popolare Network di Milano, che hanno avviato un progetto di network appunto non più solo informativo come avveniva fino ad ora, ma di tipo creativo, come risultato, almeno in parte, della comune esperienza con Horizontal Radio.) È anche importante sottolineare che Horizontal Radio è stato fatto a costi ridottissimi.
Pinotto Fava: Alla Rai, che ha avuto una uscita radiofonica di 10 ore tendenziali, [...] tutto questo sarà costato non più di 5 milioni, che distribuiti per ora programma, dà un costo bassissimo anche in termini radiofonici.
Roberto Paci Dalò: Considerando i costi contenuti, quello che si tratta di fare ora è di andare avanti, utilizzando al massimo le strutture e le macchine e le competenze disponibili e spesso lasciate in disuso. A partire dalla radio, creare eventi che diventano altro. Estendere il campo della radiofonia per farsi anche performance, concerto dal vivo...
Pinotto Fava: Non solo, ma la definizione di canale o di medium, non risolve, ma rimette su nuove basi anche il discorso non solo dell'arte o del rapporto tra l'arte e la comunicazione, anche quello dei generi e dei codici, ma anche quello degli ambienti. Cioè se il canale, il supporto, la tecnologia, - che può rapportarsi all'antico artigianato, - il fare, con tutto il suo strumentario, avvicina aree che sono tutt'ora in fortissima opposizione, [...] perchè gioca tra il ritrovardi e smarrirsi, utilizza le modalità del bliz, ecco tutto questo tipo di congegni dato dal tempo reale, rimette tutto in gioco. E fa emergere quella curiosa estremità del mezzo radiofonico perchè oscilla tra una materialità che c'è dietro, e una capacità invece di circolare in modo evidentemente immateriale; inoltre dallo spingersi da una parte verso il ritrovarsi che è poi anche dall'altra, una volontà precisa di smarrirsi.[...] C'è un gioco che coinvolge tutto e tutti e che soltanto deve essere esplicitato cioè deve venire alla luce: tutto i processi schizofrenici o comunque di divaricazione tra privato e pubblico,tra radio e televisione, tra operatori e chi riceve, questo deve essere messo in crisi. A me questo sembra il nucleo teorico di Horizontal Radio e che appartiene anche a Lada 95.
Roberto Paci Dalò: Per quanto riguarda L'Arte dell'Ascolto che è sempre stato fatto con 500 lire di finanziamento pubblico, una strategia, volente o nolente, è stata quella di utilizzare il più possibile le risorse che già ci sono, per cui certi progetti che poi hanno avuto un'eco considerevole, sono partiti dall'idea di utilizzare dei sistemi esistenti. Lo stesso mezzo con un diverso contenuto, ne è stato completamente stravolto. Mi riferisco a Publiphono, il sistema di amplificazione diffuso su tutta la spiaggia da Rimini a Riccione normalmente adibito alle comunicazioni di smarrimento e ritrovamento di bambini lungo la zona balneare; per il quale per due anni sono state fatte commissioni ad artisti, a musicisti e a persone che amano lavorare con i suoni, e che sono state poi trasmesse sulla spiaggia di Rimini con un ascolto medio di circa un milione, un milione e mezzo di persone. Dopo Orson Welles è stata forse la trasmissione più seguita nella storia della radiofonia, a parte gli annunci dell'entrata in guerra o dell'uscita dalla guerra dei vari paesi. E Publiphono è una cosa che è stata fatta semplicemente perchè Ugo de Donato, che è il proprietario ha detto " certo mi interessa, cosa andrà in onda? ", ho detto " non lo so, ti fidi? ", ha detto " certo che mi fido, chiediamo il permesso alla capitaneria e lo facciamo." Publiphono secondo me è un buon esempio perchè fa parte di una memoria acustica che appartiene a diverse generazioni di persone che sono venute a Rimini, è come vedere o ascoltare qualcosa di inusuale, espresso da qualcosa che ti appartiene.[...]
Pinotto Fava presenta il programma della serata, il programma Audiobox di questa sera con gli interventi dal vivo.
domenica 5 novembre, pomeriggio
Roberto Paci Dalò: Introduzione alla terza giornata.
Fabio Galadini: [...] Sono membro, dall'89, di un laboratorio attivata presso l'Istituto di Filosofia dell'Univesità di Salerno il quale nell'83 ha dato inizio ad un manifesto programmatico in una prospettiva estetica, di quello che è stata definita da Mario Costa e Fred Forest, l'estetica della comunicazione. [...]. Tra le pubblicazioni prodotte, l'ultima nata è ephifaneia che, come dice la parola, descrive delle apparizioni. La struttura di questa rivista è divisa in due parti, una parte teorica ed un'altra parte in cui ci sono degli interventi di artisti [...] E l'intenzione è quella di monitorare queste apparizioni, questi nuovi lessemi tecnologici, quindi non è una rivista programmatica del laboratorio di estetica della comunicazione. Il laboratorio di estetetica della comunicazione è partito nel 1983 ma già con un lavoro di ricerca che parte dalla fine degli anni '70, ha inteso fare il punto della situazione o proporre una prospettiva di analisi estetica, considerando la mutazione antropologica determinata appunto dall'avvento delle neo tecnologie. Le neo tecnologie ad alta risoluzione nei sistemi di comunicazione a distanza, hanno realmente modificato la sfera del sensorio e la prospettiva della creazione della proposta " poetica ". Questo nuovo soggetto collettivo determinato da questi sistemi di comunicazione a distanza, era già stato intravisto nell'azione di un mistico cattolico, T.? de C.? il quale aveva individuato appunto questo ipersoggetto, soggetto ultraumano, che determinava una perdita di decisionalità individuale. [...] Inquadrandolo da un punto di vista estetico, questo mina naturalmenti dei fondamenti, paradigmi che hanno fondato gli schemi e le teorie dell'arte quanto meno dal Rinascimento ad oggi. Qui si pone in discussione, tramite l'analisi dei dispositivi di contatto a distanza, la fenomenologia dell'accadere. Dell'accadere dell'immagine, dell'accadere del suono e via dicendo, ma si pongono anche in discussione i principi fondativi dell'arte e dell'essere artista, della creazione, cioè la necessità di esprimersi attraverso l'atto, esprimere la propria condizione del mondo e della vita, la propria visione. Il soggetto, appare sempre più evidente, non è più un creatore, ma è un ipersoggetto, un soggetto collettivo, dove le individualità e le specifiche potenzialità tecniche assumono un valore che se collocato alla struttura del tempo e dello spazio proposto da i sistemi della comunicazione, perdono di senso, non hanno più una forte funzione all'interno dell'accadimento.
Davide Pazzaglia: Mala.arti visive è composto da 3 persone, lavoriamo dall'88, la nostra prima opera è stata la gestione di uno spazio a Rimini, in cui abbiamo invitato altri artisti a partecipare. Abbiamo presentato subito dall'inizio la gestione di questo spazio come opera, e quindi il nostro lavoro era questo, anche se poi abbiamo presentato opere nostre al suo interno. Successivamente abbiamo pubblicato un libro, abbiamo presentato questo libro come opera, ancora una volta, lo spazio non era più i muri di quel luogo ma erano i fogli di questo libro. L'ultimo lavoro che abbiamo fatto, forse il più importante, è Quaderni, un progetto che all'inizio nasce in collaborazione con Giardini Pensili, poi realizzato da soli. Quaderni era un'opera che consisteva appunto nella realizzazione di quaderni a tiratura industriale, quaderni che si trovano in commercio, realizzati, distribuiti e venduti dalla ditta Arbos di Vicenza, progettati da noi. La nostra intenzione era quella di produrre un oggetto di consumo determinato da istanze culturali, sono quaderni vuoti, possono sembrare a prima vista dei quaderni ecologici, sono in effetti fatti con carta reciclata, non era nostra intenzione fare un prodotto ecologico, era nostra intenzione fare un quaderno, ossia uno spazio vuoto su cui trovare spazio per i propri pensieri, e che si potesse trovare nelle cartolerie. Quaderni è ancora in vendita in alcune cartolerie, non solo in Italia. Parallelamente abbiamo organizzato una serie di mostre in alcune gallerie d'arte contemporanea, in cui abbiamo esposto i quaderni utilizzati sia da persone a cui noi lo avevamo dato, sia da chi lo aveva comprato in cartoleria. Perchè era questo che volevamo, creare uno spazio da usare, abbiamo invitato alcune persone ad usarlo e abbiamo esposto questi quaderni. Una fotocopiatrice, delle sedie. Il lavoro invece presentato a Lada, parte da degli stimoli che ci aveva dato Roberto: dalla leggerezza, dalle nuove tecnologie. Crediamo che in qualche modo il nostro modo di operare, il nostro modo di pensare, sia determinato da una concezione del lavoro, dell'arte, anche di noi stessi, determinato in maniera forte anche dall'avvento delle nuove tecnologie. Quello che sappiamo, bene o male lo abbiamo acquisito attraverso queste, e dunque in qualche modo questi contenuti non sono stati semplicemente comunicati con un nuovo mezzo tecnologico, ma hanno modificato il nostro modo di pensare, di concepire il mondo. Se poi lo facciamo con della carta non c'è da scandalizzarsi, ma il fatto stesso che si richieda nella nostra opera (in riferimento allÕinstallazione presentata a Lada 95, nei locali degli ex ospedali di Rimini) un rapporto uno a uno, di essere disposti all'ascolto, di dovere entrare in uno spazio e poi rientrare ancora nello stesso spazio che però è su una proiezione, e poi entrare dentro la frase e dunque entrare dentro ad una piccola riflessione è questo che ci interessa. Ovviamente siamo favorevoli alle tecnologie anzi non riusciamo nemmeno a vedere bene la differenza tra che cosa vogliamo esprimere e le tecnologie che usiamo; pensiamo che le due cose siano indissolubili, che queste hanno determinato il nostro modo di pensare, noi attraverso queste ci esprimiamo e modifichiamo il modo di pensare nostro e degli altri. Quello che ci interessa in tutto questo è la dimensione orale. Pensavamo: la nostra cultura nasce come orale, per difetto di tecnologia; per eccesso di tecnologia ci ritroviamo in una cultura di massa in cui i valori vengono comunicati e recepiti attraverso l'oralità. Noi conosciamo quello che conosciamo della nostra cultura non perch&egrav'e; l'abbiamo letta ma perchè l'abbiamo sentita. Se l'avvento delle nuove tecnologie spezza anche il rapporto uno a massa ecco questo è un orizzonte che ci affascina. Credo che nonostante la mancanza di strumentazione tecnologica, ci sia quella leggerezza. Il fatto che non ci sia unÕopera quanto piuttosto una serie di materiali che servono a farla apparire, e che non ci sia un artista ma un gruppo. [...]
Giordano Montecchi: Il suo discorso (riferimento a Fabio Galadini) era partito da una mutazione antropologica e sicuramente gli organi sensori hanno a che fare con la natura dell'uomo. Io stavo tornando l'altro giorno, da Roma, in treno, il sole stava tramontando - faccio una premessa: io sono un grande appassionato di simulatori di volo e passo le mie notti al computer a volare, in particolare con un programma che è il fly simulator - mentre tramontava il sole, io ho provato una grande nostalgia di un sole rossastro con le nubi che avevo creato, manipolando le nubi, i venti, ... dalle parti di Chicago, nel mio simulatore di volo. Questa è una piccolissima esperienza che mi è venuta in mente adesso quando lui parlava di sublime tecnologico. Tornando all'ascolto, esiste oggi effettivamente una profonda scissura tra artisti che non rinunciano a imporre una modalità di ascolto, a istruire il pubblico pretendendo in qualche modo che il pubblico riceva le loro istruzioni e sia educato a capire il loro messaggio, e questo è l'atteggiamento accademico, sostanzialmente credo si possa definire retrivo comunque rivolto all'idea di artista che abbiamo elaborato nell'età moderna, molto corporativo; e c'è invece chi accetta e chi lavora proprio nell'idea che in realtà l'artisticità è possibile, è deliberata in un certo senso, proprio dalla straordinaria possibilità, disponibilità, accessibilità che l'ascolto ma comunque la comunicazione, produce. In maniera tale che l'artista oggi esiste solo in quanto esistono ascoltatori che si appropriano di quello che lui fornisce, (stimoli, oggetti, suoni, immagini, niente) e compongono. Pensavo ad una specie di epoca dell'ascoltar componendo, del comporre ascoltando, per cui in realtà un prodotto, una " partitura Ó", non ha senso da un punto di vista estetico se non viene considerata in relazione al ruolo sempre più attivo - anche da un punto di vista teoretico ed estetico, non solo da un punto di vista quotidiano - che l'ascoltatore ha nell'appropriarsi di quello che l'artista fa. Ci sono una quantità di affluenti che portano a questa realtà, cioè all'esaltazione del ruolo di colui che una volta veniva definito fruitore e che invece è creatore egli stesso.[...]. Questo soggetto ascoltante / componente / creante, diventa una specie di moltiplicazione, irradiazione della funzione del compositore che viene realizzata e distribuita in modi che possono completamente sfuggire ormai a quel demiurgo che era l'artista di una volta, che pretendeva nella maniera sempre più cogente, rigorosa ossessionata, che la sua opera venisse esegiuta, ascoltata , consumata secondo determinati criteri. Noi in fondo veniamo fuori da un'epoca che è una piccolissima fetta della storia dell'umanità, in cui abbiamo vissuto l'epoca delle partiture. L'epoca delle partiture è stata il pregressivo sviluppo della tecnologia per cui una prassi musicale che sostanzialmente era una prassi orale, improvvisativa, estemporanea, veniva sempre di più codificata; dapprima in maniera molto schematica - le partiture di ? erano schemi, poi c'erano gli esecutori che dovevano farne l'uso che credevano più opportuno perchè erano chiamati ad interpretare, ad abbellire, ad arricchire e a rendere assolutamente unico l'accadimento di questa partitura - progressivamente abbiamo sviluppato invece una tecnologia, un pensiero, per cui le partiture sono diventate degli organismi sempre più complessi, prescrittivi, densi di istruzioni, di segni, di metalinguaggi, per dire che quella cosa scritta in un certo modo doveva poi tradursi in altro, fino ad arrivatre a delle partiture le cui istruzioni per l'uso occupano molte più pagine di quanto ne occupi il testo. E questo è stato il culmine di un certo pensiero estetico, europeo moderno, che abbraccia un paio di secoli. Se andiamo a vedere il Woyzek di Alban Berg, esiste una precisione nell'indicazione di tutto quello che deve accadere, tale per cui, teoricamente, una esecuzione fatta nel posto da Tizio, non deve assolutamente differire dall'esecuzione fatta in un altro posto da Caio. Nella realtà, sappiamo, le cose sono andate per fortuna diversamente, ma il compositore ha sempre rivendicato questa proprietà e la passività dell'interprete e dell'ascoltatore. Oggi, la teoria della ricezione, la tecnologia, gli sperimentatori più disposti a mettersi in discussione come creatori puntiformi e onnipotenti [...], hanno incominciato a capire che il loro lavoro non aveva senso se poi, dall'altra parte, non c'era, specularmente, un lavoro di ricostruzione. A questo punto noi ci troviamo in una situazione per cui la musica, le cose, le immagini..., sono lì, e noi le prendiamo. Questo fa sì che effettivamente, l'accessibilità dello spazio, del tempo, grazie alla tecnologia poi, raggiunge dei livelli assolutamente impensabili. Cioè fino a ieri, prima di venire qua, io neanche mi immaginavo lontanamente di cosa potesse essere una radio su internet. Ora mi rendo conto che operazioni come Radio Lada possono essere poi solo l'inizio di un universo comunicazionale che segnerà la nostra epoca futura. [...] Poichè è tutta una concezione dell'estetica che volge al tramonto. C'è però il fatto che ogni artista crea i suoi precursori: il futuro condiziona il passato. È il passato che non è come è stato realmente; proprio perché oggi possiamo guardare al futuro o possiamo vivere il presente in un certo modo, il passato di ieri visto da oggi ci è accessibile anche con canali diversi. Vorrei con questo arrivare ad una conclusione, del tutto provvisoria poi: attraverso il sublime tecnologico noi accediamo ad una massa, diciamo non quantificabile, di opzioni, di possibilità, di sviluppi. Io credo che attualmente noi siamo ovviamente attratti dalle potenzialità che la comunicazione, la compresenza, la trasmissibilità, l'accesso immediato... ci offrono, con il pensiero che questo comporti di necessità, l'abbandono del lavoro sul testo, sull'opera. [...] Questo attenuarsi del confine tra testo e contesto, per cui l'estetica oggi si rivolge di più al contesto [...], che è decisivo, non è in sè risolutivo. Io credo che noi avremo ancora anche in epoca ipertecnologica l'occasione di fare degli incontri con creazioni che ci lasceranno stupiti. [...]
Pino Saulo: in Italia è poco conosciuto, o totalmente sconosciuto, Armand Robin. Armand Robin era poeta, ha lavorato in radio realizzando più di 400 trasmissioni su i poeti, traduttore di poeti, soprattutto era un prodigio linguistico strepitoso nel senso che era uno che conosceva circa una ventina di lingue. A partire da un certo punto della sua vita ha fatto una scelta ben precisa cioè quella di diventare di professione, ascoltatore di radio. Ogni notte lui si sintonizzava sulla sua radio in onde medie e onde corte, e ascoltava tutti i messaggi radiofonici che invadevano l'etere, privilegiando i messaggi provenienti dalla Russia - e si era in piena epoca stalinista perchè si era tra la fine degli anni '40 e gli inizi degli anni '50 -. Quindi questo villaggio globale come poi dirà il vituperabile Mc. Luhan, o questo soggetto antropologico collettivo di cui piuÕ o meno parlava il mistico, esisteva, ma esisteva in maniera spaventosa. Lui parlava cioè di assalti verbali che venivano forniti da chi gestiva la radio, di come questa radio (e il ruolo tutto sommato è quello abbastanza comprensibile oggi se uno pensa alla televisione) obnubilasse qualunque margine di pensiero autonomo da parte di chi lo ascoltava. C'è un capitolo magnifico in un libro che lui ha scritto - che in Italia non esiste - in cui a un certo punto parla della menzogna e scrive: chi dice una menzogna mente sapendo di mentire e il gioco è che l'ascoltatore non dovrebbe capire che si tratta di una menzogna. La cosa che lui diceva era che invece chi parlava alla radio - e si riferiva al governo stalinista, ma questo vale per qualunque altra informazione, tanto più per l'informazione della società dello spettacolo in cui viviamo - questi mentivano sperando, volendo assolutamente che chi ascoltava, fosse cosciente che ascoltava una bugia. Questo induceva una riflessione ancora più vertiginosa: quella che nel mondo non esiste verità. L'unica forma di linguaggio possibile è la falsa parola, - lui così aveva intitolato anche il libro - l'unica forma di comunicazione possibile è la bugia, è la mistificazione. È un giochino micidiale e che noi conosciamo perfettamente (vedi la questione di mani pulite [...]),...questo villaggio globale esiste, basta pensare oggi alla televisione che in tutto il mondo trasmette gli stessi, identici, bestiali programmi.
Heidi Grundmann: (sul concetto di democrazia riguardo ad Horizontal Radio) Io penso che chiedere di democrazia sia esattamente andare al punto sbagliato perchè l'intenzione del progetto non era quello di avere la democratizzazione dei media, che sarebbe impossibile in un progetto di tali dimensioni. L'idea era quella di combinare due campi artistici e due diverse storie dell'arte dei media, la storia dell'arte radiofonica e la storia degli eventi telematici. Penso che con la digitalizzazione ci sia una trasformazione totale nel nostro futuro, anche le radio stanno cambiando il loro modo di essere mass-media. Horizontal Radio significa la presenza delle radio statali, indipendenti e pirata, l'orizzontalità del titolo, vuole significare l'eliminazione delle gerarchie tra questi diversi tipi di radio, come avviene comunemente ed in modo più evidente per esempio negli Stati Uniti, e l'orizzontalità degli accessi al sistema dei netrwork. La radio è anche un media sincronico, e i networks elettronici sono asincroni. L'intezione di Gerfried Stocker, che è stato uno degli iniziatori ed il responsabile generale del progetto, era appunto quello di lavorare con i due campi diversi, insieme. Quello che poi è successo ad Horizontal Radio, è che ha avuto una tale quantità di adesioni da crescere fino ad avere circa trecento partecipanti. Parte dei partecipanti hanno realizzato per esempiio degli interventi preparando anche precedentemente alla diretta, dei pezzi in studi radiofonici, oppure altri hanno dato luogo a concerti in simultanea, come nel caso di un concerto in cui gli interpreti, appartenenti tutti ad una formazione della ex jugoslavia, si trovavano uno a Sarajevo, uno a Belgrado, uno a Londra, uno a ? in Armenia, e si sono incontrati per Horizontal Radio in uno spazio immateriale con linee radio e telefoniche. Un altro caso è quello della Finlandia, che ha lavorato fondamentalmente su materiali in arrivo in Finlandia per rimetterli in circolo nel network, e questo è stato forse uno dei casi in cui il senso del progetto è stato capito meglio. Perchè il punto è che si trattava di un progetto senza centro, in cui tutte le stazioni radiofoniche partecipanti erano in ricezione e trasmissione, tra di loro allo stesso livello. [...] Io ero a Linz, noi abbiamo trasmesso per l'Austria qualcosa come 10/11 ore, da lì l'impressione è stata quella di essere dentro ad un organismo vivente.[...] Abbiamo ricevuto una quantità tale di informazioni attraverso sistemi diversi, dall'ISDN a linee telefoniche e radiofoniche, che mentre all'inizio ho tentato di annunciare gli interventi in onda, ad un certo punto la quantità dei materiali era tale, che abbiamo preferito lasciare galleggiare tutto questo, senza più capire effettivamente da dove veniva e che cosa. Non ci sono stati pezzi così lunghi (n.d.r. in riferimento all'intervento di Luther Blisset su Radio K Centrale, ascoltato al termine dell'intervento precedente) . Io credo che in questo progetto ci siano stati così tanti livelli, ma ciò che posso dire è che Horizontal Radio è stato un colpo d'occhio su quello che sono i sistemi della comunicazione oggi, è stato un gigantesco collage, non soltanto di artisti ma anche di istituzioni e di sistemi. Nessuno saprà mai quale è stata la forma totale di questo progetto, ma la cosa principale è stato avervi preso parte, altrimenti potrebbe sembrare solo una favola!
Roberto Paci Dalò: Horizontal Radio è stata una grande esperienza che deve alla sua stessa indefinibilità la sua bellezza. Non è un progetto concluso, sia nel senso che sono in corso ora nel mondo una serie di piccoli sub progetti che da lì sono partiti, sia per il fatto stesso che se ne parli - è il caso di noi che ci siamo incontrati per Lada 95 - e si cerchino nuove prospettive in una maggiore comprensione di ciò che si può fare con certe tecnologie. Uno dei progetti nati con Horizontal Radio è proprio Radio Lada, che dalla collaborazione tra Giardini Pensili, Rai Audiobox, ORF Kunstradio, nasce come luogo aperto. Radio Lada è stazione su internet.Su internet come si sa, non si trasmette, ad internet si accede. Quello che però può succedere su Radio Lada è che altre stazioni radiofoniche si colleghino, prendano i materiali, li ricompongano a loro discrezione, e possano metterli in onda e in sistema. Allo stesso tempo è possibile per il visitatore, inviare qualsiasi tipo di contributo e, allo stesso tempo, poichè internet lavora sul sistema dei links, è possibile creare dei links di qualsiasi tipo come quello che abbiamo ora tra Rimini-Linz-Vienna, per cui sullo schermo appare un indice di artisti, i cui files sono distribuiti nei diversi luoghi. [...]
Heidi Grundmann: Io credo che la cosa interessante di Radio Lada - che per come è impostata ora è il contrario di Horizontal Radio, in quanto consiste di un indice a cui corrispondono dei pezzi - e che può essere l'avvio per una radio a richiesta, è che l'ascolto è solo una delle modalità, soprattutto in un momento in cui siamo diffronte a data che possono essere anche immagini sia fisse che in movimento, e quindi anche visti e letti. Quindi l'ascolto e la visione hanno lo stesso accesso. Personalmente spero che si possa andare avanti con l'esplorazione dell'uso creativo dei media della comunicazione, dico uso creativo perchè, penso che sia veramente pericoloso parlando di tecnologia digitale ora, riferirsi solamente all'artisticità, quando tutta la tradizionale concezione dell'arte è messa in discussione.
Tullio Brunone: Ho incominciato a lavorare intorno agli anni '75, ci eravamo formati come gruppo di artisti, autonominati lavoratori di comunicazione militanti. Era un gruppo di 5/6 artisti che sentivano molto il problema del movimento di allora: negli anni '70 tutti quanti sappiamo che cosa è successo. Quindi il grosso impegno che noi avevamo assunto era bivalente: quello di tentare di avere un rapporto con tutto ciò che avveniva socialmente, in modo sincronico, ma nello stesso tempo cercare di capire come il problema della comunicazione e quindi il problema dell'arte in generale, potesse essere rivisto e riaffrontato criticamente. Questo ha messo in moto tutta una serie di meccanismi estremamente delicati ed estremamente complessi, fra i quali quelli dell'analisi e dell'utilizzo dei mezzi di comunicazione come strumenti di trasmissione di messaggi e di contenuti. Quello è stato un problema notevolmente serio ed interessante da affrontare perchè ci si è accorti - e ahimè forse questo è un percorso che non è compiutamente riaffrontato - che il linguaggio formale dell'immagine si portava dietro tutta una serie di contenuti trasversali. Einzsesberger dice che l'uomo nel periodo medioevale consumava un centinaio di immagini nella sua vita - per immagini consideriamo gli elementi di novità: una volta vedeva il cavaliere che passava sul proprio campo, o quando cambiava mercato, la prima volta che vedeva la neve - cioè la formalità nuova. Oggi ne consumiamo 300.000 al giorno: la televisione, il cinema, il linguaggio pubblicitario, i cartelloni...le razze, la gente diversa continuamente; e naturalmente questa moltiplicazione stratosferica del numero delle immagini si è portato dietro un comportamento, di conseguenza, di tipo sociale. Se noi analizziamo la parola, credo che si possa fare il percorso contrario. Se noi analizziamo la parola del '300, la scrittura, il numero di vocaboli che venivano utilizzati, ci rendiamo conto che stiamo arrivando ad una sintesi sempre più totale di questo. Secondo me questo vuol dire che noi siamo totalmente immersi in una sorta di comunicazione sociale che avviene attraverso le immagini. [...] Mi sto accorgendo che si stanno sviluppando due aree di pensiero nell'utilizzo degli strumenti [...] (viene citato il recente lavoro di Studio Azzurro alla Mole Antonelliana di Torino) da una parte il concepimento dello spazio interattivo con una forte presenza fisica, [...], l'altro è il concetto dello spazio sintetico legato esclusivamente al nitore della strumentazione elettronica; cioè uno spazio nel quale si viene proiettati, attraverso dei terminali... nel quale si entra in una proiezione in cui non si porta nulla di materico. Io sono favorevole ad un approccio in cui è contemplato il rapporto materiale con lo strumento. Un'installazione che ho realizzato recentemente, consisteva sostanzialmente in un piccolo meccanismo che era una tavoletta interattiva, in realtà una tela sulla quale si poteva disegnare con una matita collocata al di sotto. Nel momento in cui l'individuo che utilizzava questo lavoro, prendeva la matita e la appoggiava alla tavoletta, in realtà avveniva un fatto esattamente opposto cioè [...] il segno non rimaneva, ma questa metteva in moto la struttura dei suoni. Il rapporto che in quel momento si scatenava con la tavoletta era completamente diacronico rispetto a ciò che veniva fatto. Il pensiero, l'intervento, l'immagine mentale, chiamiamolo il sogno, determinava un rapporto con il gesto. Un ragazzo handicappato, focomelico ha voluto mettere le mani sulla tavoletta, con notevole sforzo lo abbiamo portato, nel momento in cui questo ragazzo ha messo le mani sulla tela ed è esploso il suono, è stata una sensazione straordinaria, egli attraverso la propria fisicità è riuscito a costruire o determinare qualcosa che gli sarebbe altrimenti impossibile. [...] Questo mi fa venire in mente un aspetto di un lavoro che sto realizzando adesso. Nelle società tribali africane c'era la consuetudine di praticare nelle capanne dei fori, ossia in prossimità della morte di qualcuno, all'interno di questi locali venivano praticati dei buchi. Queste piccole finestre verso l'esterno erano la via attraverso la quale l'anima, uscendo dal corpo, poteva proiettarsi in una dimensione di libertà assoluta, con la successiva possibilità di ritrovare il corpo dal quale si era distaccata. Facendo una passeggiata in montagna poco tempo fa, ho scoperto in Valtellina che nelle malghe o nelle baite a 2000/3000 metri, ci sono degli strani buchi attraverso i quali si vede lÕesterno. Poi mi sono informato ed il meccanismo è lo stesso: il tentativo disperato dell'individuo di non precludersi, attraverso il buio totale, nessuna possibilità. Ecco, lo spazio interattivo che mi interessa è quello spazio, ossia lavorare attraverso la struttura tecnologica e attraverso tutto ciò che le potenzialità espressive mettono a disposizione, ma senza mai perdere di vista che l'anima deve ritornare al proprio corpo. Questo è l'ambito nel quale mi interessa determinare il lavoro.
Pinotto Fava: [...] Due riflessioni mi vengono subito in mente: [...] in un articolo di Giulio Ferroni che è intellettuale intelligente, storico della letteratura, [...] egli faceva un'analisi su i rischi delle tecnologie avanzate, auspicando alla fine un maggior controllo critico sulle nuove tecnologie, però passando attraverso due passaggi che da un punto di vista della lettura delll'esposizione, erano pressochè perfetti, dal punto di vista della diagnosi, sono un po' più inquetanti. Lui diceva che le ragioni che spingono verso la mistica o comunque la scelta della tecnologia sono di due tipi: una di derivazione liberale, liberazione dell'io, caduta delle categorie di spazio e tempo e tutte le altre cose. [...] E questa è una pratica molto da artista benchè spazio e tempo siano categorie filosofiche ma che attraversano senz'altro il nostro quotidiano. L'altra considera la perdita di sè, la trasversalità, la perdita di identità, propria dei percorsi telematici. In questa seconda fase io vi leggevo la paura di questa perdita, sottolineando un legame storico con l'antico situazionismo e quindi la paura delle derive. Io credo che non si debba perdere proprio questa perdita; le nuove tecnologie hanno questo di buono, cioè consentono di tenere in piedi delle macchine di desiderio. Io credo che sia questo il fondamento, non tanto sapere - che pure conta - quali sono i rischi di un cattivo uso delle nuove tecnologie, quanto di sapere che le istituzioni si chiudono a queste, o per lo meno, le associano quando sono macchine da guerra, macchine da consumo, o quando sono macchine di affermazione e consolidamento dell'esistente; per lo stesso motivo chi si occupa di musica contemporanea non rischia nulla su un nuovo compositore mentre pò dare oggi Berio e anche Nono a tappeto; il chè non vuol dire che non vi fosse una carica eversiva in Nono o in Berio, ma non c'è più rischio e quindi assolutamente - si sarebbe detto una volta - funzionali al sistema. Vorrei chudere con una citazione di Orson Welles, in chiusura della Guerra dei mondi: " È Orson Welles signore e signori che vi parla, fuori dal personaggio del professor Pearcon che ha interpretato, per assicurarvi che la guerra dei mondi non ha voluto avere altri suignificati che quello di offrire uno spettacolo festivo. Domani è la vigilia di Halloween, questa è la versione radiofonica del Mercury Theatre, del vestirsi con un lenzuolo, saltar fuori da un cespuglio e dire buuhh;. Avendo tempo solo da adesso a domani sera, non potevamo certo insaponare tutte le vostre finestre, rubare tutti i cancelli dei vostri giardini, per cui abbiamo pensato di annientare il mondo per le vostre orecchie e distruggere completamente il Columbian Broadcasting System. Sarete sollevati, spero, di sapere che non facevamo sul serio e che entrambe le istituzioni sono ancora funzionanti. Quindi arrivederci a tutti e ricordate per favore per i prossimi giorni, la terribile lezione che avete ricevuto oggi, ricordate che quel sogghignante, raggiante e globoso invasore del vostro salotto è stato solo un abitante del .... Del tutto simile ad uno dei vostri bambini quando si mette in testa una zucca e va per le case a spaventare la gente. E se il vostro campanello suona e non c'è nessuno, non è un marziano, è Halloween, la vigilia di ognisanti ".
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